Cose di Topolò
Premessa inutile
Che cos'è Topolò? Topolò è un paesino arrampicato a 530 metri di altitudine su una collina a nord est di Cividale del Friuli, poco distante dal confine con la Slovenia. E fin qui ci siamo.
Che cos'è la Postaja Topolove/Stazione di Topolò? Creata ed animata da Donatella Ruttar e Moreno Miorelli, la Postaja attira ogni anno nel mese di luglio per due settimane a Topolò artisti che vengono da ogni parte del mondo per creare senza compenso eventi ai quali chiunque può assistere gratuitamente. E qui le cose si complicano.
Perché ho detto che questa premessa è inutile? Lo capirete subito dall'esempio che segue. Se qualcuno vi guarda profondamente negli occhi e vi chiede:"Chi sei?", voi che cosa rispondete? Nome, cognome e professione? E magari anche età e luogo di nascita?
Non credo. Questi dati anagrafici non riuscirebbero infatti a spiegare all'interlocutore perché amate Baudelaire, perché vi piace la rughetta nell'insalata, perché sognate quella voce perduta...
Allo stesso modo, la mia banale premessa esplicativa non vi aiuta a capire come è nato il topolosauro, quali sono i segreti dei bambini di Topolò, come si moltiplica la presenza di chi ci ha lasciato...
Topolò e la Postaja non si possono spiegare. Ma si possono vivere.
Ca(s)sa armonica
- Scusi, sa dirci dov'è la Stazione?
- Beh... un po' dappertutto!
- E allora dove dobbiamo andare?
- Lasciate la macchina e imboccate una qualsiasi delle stradine che vanno su in paese.
- Sì, ma...
- Qualche problema?
- Il fatto è che... abbiamo l'arpa!
L' arpa. E poi il flauto, il trombone, il sax soprano e il clarinetto. Il pianoforte per fortuna sta già lì. Lì, nella Juljova Hia, una casa storica del paese magistralmente restaurata dall'architetto Renzo Rucli.
Stasera - mercoledì 13 luglio 2007 - la casa si trasformerà in ca(s)sa armonica, per ospitare sei Sequenze di Luciano Berio con cinque eccezionali esecutori, voglio nominarli tutti: Ana Ligia Mastruzzo (Sequenza I per flauto), Paola Baron (Sequenza II per arpa), Mario Carraro (Sequenza IV per pianoforte), Angelo Di Giorgio (Sequenza VIIb per sax soprano e Sequenza IX per clarinetto) e Sergio Bernetti (Sequenza V per trombone).
Ana Ligia è nata a Buenos Aires e adesso vive nelle Valli, a Zverinac. La sua famiglia per parte di madre (Tomasetig) da tre generazioni è emigrata in Argentina da un altro paese delle Valli, Obenetto di Drenchia.
Ana ha scelto personalmente i musicisti per Berio: sono tutti virtuosi - le Sequenze sono impervie - ma al tempo stesso sono disponibili a vivere l'avventura della Postaja, a fare "un regalo invisibile, fatto di aria e corde..."
Ma c'è un altro particolare interessante. A Topolò siamo stati abituati ad "orari" del tipo "nel primo pomeriggio", "al crepuscolo", "con il buio", "nella notte", "a seguire".... Ana Ligia invece ha imposto orari precisi, anzi precisisssimi, da vera stazione: le Sequenze, in base alla loro lunghezza, sono state organizzate in una serie di Arrivi (Prihodi) e Partenze (Odhodi), da rispettare scrupolosamente. Prihod: 18.11 - Odhod: 18.28...
Il primo "Arrivo" è per Ana Ligia. Per ogni Sequenza di Berio Edoardo Sanguineti ha scritto due versi.
Sequenza I per flauto: "e qui incomincia il tuo desiderio, che è il delirio del mio desiderio: la musica è il desiderio dei desideri..."
Magnifica acustica. Seguiamo rapiti i movimenti del flauto, che sembra tracciare in aria i segni di una scrittura segreta.
Le Sequenze si susseguono, ci spostiamo da un ambiente all'altro, ammiriamo la forma grafica degli spartiti, i gesti degli esecutori. La vicinanza esalta i suoni, rivela gli strumenti (lo sapevata che l'arpa ha sei pedali?).
Durante un breve intervallo prima della Sequenza conclusiva, Donatella Ruttar si avvicina, mi guarda e dice: "Sì, il colore è quello giusto! Potresti per favore prestarmi il tuo rossetto? Ci serve per il naso del clown...".
Acconsento volentieri, anche se sono un po' perplessa (ma si può essere perplessi a Topolò?): il naso del clown...?
Saliamo le scale. Ci sistemiamo nella sala grande. E tutto si chiarisce quando Sergio Bernetti fa una spettacolare entrata con il suo trombone, meravigliosamente truccato (Rouge Dior!) da clown...
E Sanguineti:
"ti dico: perché, perché? E sono la secca smorfia di un clown:
perché vuoi sapere, ti dico, perché ti dico perché?"
Julieta
Julieta Mastruzzo è la sorella di Ana Ligia, anche lei è nata a Buenos Aires, anche lei è, un'artista. In Argentina ha ricevuto importanti riconoscimenti per le arti visive. Il materiale che utilizza prevalentemente è la ceramica.
La Postaja si avvia verso la conclusione e io ancora non ho visto l'installazione di Julieta. "Sèguimi", mi dice, "sto appunto cominciando a smontarla.".
La seguo giù per una delle viuzze che abbracciano il paese e dopo poco mi trovo presa in uno struggente labirinto della memoria.
Piccole piastrelle di grès sulle quali sono tracciate delle parole, foto "virate", documenti, lettere, poesie... oggetti segnati dal tempo. Distancias...
Tutto allude al viaggio ciclico Italia-Argentina.
"Come sarà il viaggio? Cambiare territorio. Allontanarsi. Cercare una nuova radice? Dimenticare? Cicli. Andata e ritorno. Passato ascoltato. Presente vissuto. Nonni immigranti. Nuove generazioni di migranti. Oggetti trovati (o cercati) dei nostri antenati. I loro ricordi (oppure i nostri?)."
D'istinto, Julieta stacca dai muri due foto color seppia (la fotografa è Paula Pinedo) e una piastrella di grès dai bordi irregolari, e me le regala.
Sulla piastrella di grès, questo particolare tipo di ceramica cotta ad alta temperatura, di grande resistenza, è incisa una poesia di Ana Maria Liņares Tomasetig, madre di Ana e Julieta.
Teoria della comunicazione
Como te explico mi soga que atraviesa el océano
Como decirte que el mar no borra los nombres que escribimos en la orilla
Como acercarte lo que no dicen la foto ni el signo
Como entender el grito del alma que la voz no cuenta | Come spiegarti questa mia corda che attraversa l'oceano
Come dirti che il mare non cancella i nomi scritti sulla riva
Come avvicinare a te ciò che non dicono né la foto né il segno
Come sentire il grido dell'anima che la voce non sa dire |
Per riavviare il ciclo Italia-Argentina-Italia... dedico questi versi a Ernesto Parisi-Musarra, che vive a Buenos Aires. Tanti anni fa emigrò in Argentina da un piccolo paese della Sicilia. P.M.
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