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Antonella Bukovaz e il paesaggio che scompare

di
Paola Musarra

Da Livške Ravne - foto: P. Musarra
Da Livške Ravne - foto: P. Musarra


Roma, novembre 2008
Parto da un'emozione. Sono in un Internet Point vicino all'università. Metto la cuffia e mi isolo dal brusío che mi circonda. Ascolto la voce di Antonella Bukovaz che narra la "Storia di una donna che guarda al dissolversi di un paesaggio", accompagnata, in delicato contrappunto, dalla musica di Teho Teardo.

La poesia non si può spiegare, si può solo farla vibrare come una corda e vedere quali echi suscita dentro di noi. Io vi racconterò le mie personali risonanze, invitandovi a ricercare le vostre.

Un trasalimento di gioia
Il tessuto poetico è musica. E quando ascoltiamo una musica, alta o popolare che sia, ci fa trasalire di gioia riconoscere un tema, un piccolo nucleo armonioso che si era impresso nella nostra memoria senza che ce ne accorgessimo.

Così ritrovo con gioia alcuni temi già espressi nella precedente produzione poetica di Antonella (a partire da Tatuaggi), sapientemente riorganizzati in una matura e meditata orchestrazione.

Il paesaggio
Che il titolo della composizione non vi inganni: il "dissolversi del paesaggio" non evoca catastrofi irreparabili né induce a (rim)pianti o disperazione, tutt'altro. E' la terra che "mette moto alla propria origine":

"e io mi inchino alla scomparsa
come davanti alla nascita di un sovrano".

Si può dunque assistere ad una scomparsa considerandola un atto profondo di rigenerazione.
Due versi più volte ripetuti, mutevoli nel verbo, ci confortano in questa lettura:

"ciò che scompare infatti contiene/annuncia/indica/rivela un luogo più interno
più profondo per farsi seme".

foto: P. Musarra
foto: P. Musarra

Il paesaggio delle Valli, anch'esso mutevole e cangiante, incanta come un fragile sortilegio. Trovo nei versi di Antonella le "parole per dirlo", parole che sfiorano, che accarezzano con lo sguardo senza toccare, come si farebbe con un animale selvatico:

"Così resto seduta e sono
nel volo della poiana seguo
il prato con gli occhi
fino a sparire frusciando nel bosco
e il bosco soffiando nel ruscello e ogni cosa
insinuandosi nella cosa confinante
e i confini tra le cose ingoiano se stessi
sibilando un rumore veloce e chiaro.
Che sia chiaro! Tutto alla scomparsa
si infila nel proprio suono!".

Compenetrazione
La dialettica del dentro/fuori, vuoto/pieno, così presente in Tatuaggi e soprattutto nelle poesie presentate a Longiano nel marzo del 2006 rivela un'ulteriore evoluzione:

"Ho trovato un posto dove stare seduta tranquilla
e alzarmi ogni tanto nell'attesa
espirare piano tutta l'aria del corpo
restare vuota ad aspettare che anche tu sia vuoto
e neanche vuoto sarà abbastanza".

Il posto per sedersi tranquilla non è certo la risposta ad una ipotetica ricerca dell'ubi consistam: è solo una sosta provvisoria:

"Posso stare qui tutto il tempo necessario
a un trasloco a lungo rimandato".

C'è sempre infatti "quel desiderio di fuga portato come una coda":

"Cerco un'altra materia a sostenere la geografia
che porto tatuata sotto la pianta dei piedi".

Nel frattempo

"Ho deciso di stare dove posso comprenderti tutto
dove puoi stare davanti a me e io lasciarti andare
dove se allungo la mano ti entro e tu mi coli intorno
se mi accarezzo le tue pieghe
andiamo una nell'impronta dell'altro".

Ed è un invito all'altro a lasciarsi andare, a farsi liquido ("Sparisci! - Passami dentro!"), in un inestinguibile corpo a corpo:

"e diventiamo insieme uno
e non c'è più nessuno".

foto P. Musarra
... e non c'è più nessuno...
foto: P. Musarra

Zavorra
Ma prima di questo liquido passaggio bisogna liberarsi di una zavorra che appesantisce e trattiene:

"Fu quando tagliai la corda del ponte
l'altra sponda sparì a qualsiasi intenzione
e vidi scorrere finalmente cadavere
il tempo passato e i suoi luoghi".

Le concrezioni del passato esalano in volute di fumo, creando l'attesa di un tempo sconosciuto

"come - nel moto ascensionale degli addendi
l'arrivo della prossima raffica di vento".

Perché possano farsi seme, eventi volti e luoghi trascorsi debbono ardere in lenta combustione:

"Travolti dal vento verticale
gli inquisitori  le case  le opinioni virtuose
gli sperduti  le chiese  le verità ricomposte
gli amici di tutti  le menti mostruose
i fienili vuoti  gli animali inutili
i ceri accesi  le spente spose".

Tutto è spazzato via:

"lo spreco di storia
il baratto di miseria per miserie
il tanto difeso dire
(...)
il paese sfinito
le meschinità altere  l'odore di chiuso
il metro di terra minato
i nomi che non trovo  il fiato dei corpi sbarrati".

E' tutto il dolore di questa sofferta terra di confine che lentamente esala:

"Al di là della siepe svapora la parola
che è stata terra ed è stata guerra
ho dato la mia prima vita a lei
lingua involata".

Il seme

Che cosa è un seme? E' un germe nascosto nel profondo che vuole prepotentemente spingersi all'aria, alla luce, è un "dentro" che vuole essere un "fuori".
Dal falò del passato, dal dissolversi del paesaggio, dalla scomparsa dell'io e del tu resta un seme - una promessa:

"Affacciata alla scomparsa
gioco con i miei capelli di sempre
arrotolo tra le dita ricordi nuovi
(...)
aspettando mi resti tra le mani
la forma più essenziale
ciò che resta togliendo tutto".

Il seme-promessa è dunque questa forma essenziale:

"Tutto si alza in volute come da un bollitore
svanendo a spirale tutto torna
alla fonte sonora originale
per prendere forma memorabile".

In un itinerario alchemico (iniziazione - purificazione)

"... dissolvendo
ogni cosa s'imprime e nell'aria rilascia
l'impronta del suono che è stata
(...)
E nel vuoto divino
sbalzata dal proprio incavo
salvata dal presente confino
scorre inesauribile la stessa parola
si spalanca in mille parole volte altrove".

Così, "immolando luoghi stremati dai nomi" si compone una memoria nuova. In questa incessante trasmutazione non c'è ansia per la scomparsa, ma un'attesa pregna di futuro:

"come una valle mi preparo alla vibrazione dell'eco
pronta alla sua scomparsa".

E c'è posto per l'amore:

"Distesa lungo l'ultimo sentiero
sono la tua forma senza inganno".

Né oblio né avviluppanti memorie: una prolungata decantazione rivelerà in "chiara trama" - disegno puro, forma essenziale - gli intricati labirinti del nostro vissuto:

"Ti aspetto dunque all'imbarco: vieni
con radici intrecciate in chiara trama
mappa di mappe sovrapposte...".

foto P. Musarra
... in chiara trama...
foto: P. Musarra

Se volete ascoltare la voce di Antonella andate nell'Archivio sonoro del sito www.ilnarratore.com.

mise en page:
paola musarra