Roma, giugno 2015
Chi legge MeDea sa che a volte mi piace parlare degli eventi dopo che hanno preso una patina leggermente opaca... un po' di polvere, insomma.
Sopite le polemiche e i discorsi vani su premi e non premi (ma il premio Donatello a Margherita Buy e a Giulia Lazzarini nessuno glielo toglie), mi va di mettermi tranquilla a osservare il torbido stagno della mia memoria per vedere che cosa affiora.
Marco Travaglio, sul Fatto Quotidiano del 14 aprile, scrive:
"Mia madre di Nanni Moretti è un grande film. Perché fa ridere con le lacrime agli occhi e fa piangere col sorriso sulle labbra.".
E io? Perché penso anch'io che sia un grande film? Che cosa, per me, fa di un film un grande film?
Forse alcuni "momenti", nascosti nelle pieghe delle diverse situazioni, momenti che fanno trasalire... In Habemus papam, per esempio, mi avevano colpito tutte le scene con la guardia svizzera, che -
Non divaghiamo.
Questa volta ho visto emergere dallo stagno della memoria tre "momenti" che secondo me hanno fatto di Mia madre un grande film. Ve li racconto.
1. Tavola calda Margherita (= Nanni) va alla tavola calda e cerca di scegliere qualcosa di buono per rallegrare lo squallido pranzetto della madre (Giulia Lazzarini) ricoverata in ospedale... Parmigiana di melanzane? Non è proprio il caso, le fa capire la commessa. Quando arriva in corsia, scopre che il fratello ha già organizzato tutto con efficienza: pasta corta... un pranzo completo, forse anche "un dolcetto" che sarà molto apprezzato. Allora, con un gesto rapido e furtivo, Margherita fa scomparire nella sua capace borsa la vaschetta di alluminio che aveva portato. E il gesto, quel gesto furtivo, rende grande questa scena.
2. La ricevuta Margherita è a casa della madre. Bussano. Va ad aprire. E' un giovanotto con un cartellino di riconoscimento che viene a proporle un grande risparmio sulle tariffe di... non ricordo se acqua, gas o luce. Serve però una ricevuta. Presa alla sprovvista Margherita lo fa entrare e comincia a cercare le ricevute in tutte le stanze e in tutti i cassetti, anche i più improbabili. La ricerca si fa sempre più affannosa, Margherita si dispera, il giovane la segue poi, silenziosamente, se ne va, mentre alla figlia stravolta la casa della madre restituisce, in una soffocante ragnatela, il disegno degli illogici andirivieni e dei casuali percorsi quotidiani di una stanca vecchiaia.
3. Tre metri In ospedale Margherita non si arrende, vuole che la madre cerchi di alzarsi, la sorregge. E' una scena girata e interpretata magistralmente, con questi due corpi di donna goffamente avvinti, intrecciati... Poi bruscamente Margherita lascia la madre semiaccasciata vicino al letto, si allontana di qualche passo e le urla: "Tre metri! Solo tre metri! Possibile che non ce la fai a fare tre metri?
Sì, ho capito. Mia madre sono io.
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