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Donne e scienza a Roma
Un ragionar sottile

di
Paola Musarra


1. Le donne e la scienza

Il 15 gennaio 2007 all'Auditorium di Roma, in occasione del Festival delle Scienze, una platea composta in massima parte da giovani ha accolto con una ovazione Rita Levi Montalcini, che per venti minuti ha parlato con passione in difesa della scienza.

Il sindaco Veltroni, anche lui accolto calorosamente, ha annunciato l'istituzione, da parte del Comune di Roma, di borse di studio riservate alle ragazze che si iscrivono ad una facoltà scientifica.

Recentemente poi, ascoltando la radio, ho saputo che alla domanda (contenuta in una inchiesta seria) "Di chi, tra i personaggi noti, ti fidi?" i giovani hanno messo al primo posto Rita Levi Montalcini.

E allora parliamo di donne e di scienza nel quadro di altre due iniziative romane, nelle quali la presenza incisiva delle donne è stata per me motivo di grande gioia.

Prima iniziativa: una giornata sul tema "Scienza di che genere? Scienziate e ricercatrici a confronto", organizzata dalla Commissione delle Elette del Municipio Roma 3 in collaborazione con l'Associazione culturale "Il sogno di Ida" e con l'Associazione "formascienza", nell'ambito del Festival della Scienza del Municipio Roma 3.

L'incontro si è svolto il 23 maggio 2007 all'interno di Villa Torlonia (un'occasione magnifica per riscoprirla!), presso la Biblioteca della "Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL" (d'ora in poi mi riferirò a questo incontro sinteticamente con "S3").

Seconda iniziativa: il convegno internazionale "Wonbit - Women on Biotechnology, Scientific and Feminist Approaches", che si è svolto a Roma dal 21 al 23 giugno 2007 presso l'Aula Convegni del CNR e presso l'Auditorium Frentani.

Il convegno è stato organizzato dalla Fondazione Brodolini e dall'Associazione "Donne e Scienza" sotto l'egida del Ministero della Salute, del Ministero dell'Università e della Ricerca e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità.

Ho parlato di una mia grande gioia (le occasioni sono così rare!) nell'assistere a queste manifestazioni. Cercherò di analizzare con voi da dove viene questa mia sensazione.

2. Iniziative concrete e finezza di analisi

I dati che ben conosciamo sul progressivo diminuire della presenza delle donne man mano che si sale nella scala gerarchica a livello decisionale (il famoso "soffitto di cristallo"...), invece di indurre autocommiserazione e piagnistei, questa volta hanno prodotto frutti diversi:

  • da un lato, una serie di iniziative concrete per aiutare le donne che vogliono intraprendere una carriera scientifica senza mortificare la loro vita affettiva;
  • dall'altro lato, una analisi fine (il ragionar sottile del titolo) dell'appartenenza di genere all'interno del mondo scientifico.

"Il discorso scientifico deve essere democratizzato": Cecilia D'Elia (Assessore, S3) ci ricorda che presto uscirà il bando per le borse di studio del Comune riservate alle ragazze che fanno scienza.

Le fa eco Maria Laura Scarino (biologa, Segretaria di "Donne e Scienza", S3): "Sostenere un genere sottorappresentato è un principio di democrazia, anzi, di democrazia profonda, perché le donne si tirano dietro altre minoranze...".

Maria Laura Scarino - foto P.Musarra
Maria Laura Scarino - foto P.Musarra


Appare evidente quindi la necessità di un'azione "a tenaglia", volta contemporaneamente a sostenere una rete internazionale di dati aggiornati divisi per genere e a incrementare alcune lodevoli iniziative per il sostegno alle donne, nelle fasi in cui portare avanti al tempo stesso una famiglia e un'attività scientifica diventa "un'avventura rocambolesca" (secondo la colorita espressione di Simonetta Martorelli, S3): piccole borse di studio per pagare un aiuto domestico, borse di studio temporanee per quelle donne che la maternità ha costretto a uscire dai "laboratori", assistenza alla ricerca (organizzazione del lavoro e strategie)...

La maternità non deve essere vissuta in solitudine perché riguarda la società nel suo complesso (Laura Moschini,Assessora, S3). Bisogna prendere in considerazione la famiglia e il rapporto con gli uomini: "per la gestione del quotidiano le complicità maschili sono necessarie!" (Gioia Turchi Carrara, S3).

"Ma soprattutto", aggiunge Maria Laura Scarino, "non bisogna sottovalutare e quindi sprecare le risorse rappresentate dalle donne e dal loro diverso sguardo sul mondo".

E qui arriviamo al nodo del problema.

3. Il nodo centrale del problema

Se è vero che le donne sono una risorsa, è pur vero che (Gioia Turchi Carrara, S3) non basta "accedere" alla roccaforte della scienza: bisognerà anche "interagire" con un universo prevalentemente maschile.

Elena Gagliasso (insegna Filosofia della Scienza alla Sapienza, S3 e wonbit) analizza con finezza la posizione delle donne, che hanno avuto accesso al mondo della scienza solo DOPO, dopo cioè che tutto era stato già costruito (metodi, discorsi, protocolli, apparati...) dagli uomini. E' soprattutto in questo che effettivamente la scienza non è neutrale.

Non c'è stata una costruzione comune. Le donne, quando non sono state escluse, sono intervenute in un secondo momento, come "invitate alla festa". E i loro stili di ragionamento che fine fanno? In ombra.

Ma oggi la scienza sta cambiando, si aprono canali nuovi: dal mondo chiuso dell'accademia caratterizzato da una divulgazione top down si passa ad un universo post-accademico caratterizzato da un crescente rapporto con il mercato, immerso in un arcipelago di comunicazioni e sottoposto a pressioni di varia provenienza.

E' in questo paesaggio che entrano le giovani ricercatrici "saltando su un treno in corsa". Le donne che "entrano", conclude Elena Gagliasso, "devono avere uno sguardo di genere, altrimenti saranno 'cooptate', e basta. Noi donne apparteniamo ad una specie sessuata, ma ancora ignoriamo molto di noi stesse..".

Elena Gagliasso - foto P.Musarra
Elena Gagliasso - foto P.Musarra


Lo sguardo di genere "taglia e ritaglia" le scienze, continua Elena dal palco di wonbit: scienze dell'evoluzione, conoscenze scientifiche sugli stati aurorali del neonato, teorie sull'origine del linguaggio, epigenetica... E si rivela un "vuoto simbolico". I linguaggi incarnati non tengono conto della specificità sessuata delle donne, di "ciò che non è nominato": la sua caratteristica binaria.

Durante la gestazione infatti la donna vive nell'ambiente e al tempo stesso "è" ambiente per il figlio. Questa entità binaria non ha nome (e quindi non è oggetto di riflessione) in un mondo che prende in considerazione solo l'opposizione individuale/collettivo.

Nella nostra specie questo rapporto a due coevolutivo con l'ambiente si prolunga per l'immaturità del neonato. Il corpo della donna mantiene la traccia dell'aver "portato" il figlio (doppia dimensione: attiva/passiva).

Come definire questo rapporto a due? "Dividuale"? Nessuno vuole inventare linguaggi, ma dal punto di vista teorico dobbiamo sapere che partiamo da un luogo di "mancanza del simbolico". E le nostre categorie mentali, conclude Elena Gagliasso, si nutrono di quello che c'è, ma anche di quello che non c'è...

4. Tutte le minoranze del mondo

A proposito di biotecnologie, lo sguardo attento delle donne ha portato alla ribalta di wonbit tutto "il Sud del mondo", oggetto di inganni, sfuttamento e e continue aggressioni: i neri (Marsha Tyson Darling), gli zingari (Judit Béres), i gruppi geneticamente "vulnerabili" (Giovanna Di Chiro), le comunità a basso reddito (Qaman Raman e Suman Sahai), i malati e gli animali da laboratorio (Amalia Bosia)...

E io aggiungerei (ma in questo caso non si tratta di minoranze!) i/le disinformati/e. La disinformazione produce effetti perversi: visioni riduttive, eccessiva (s)fiducia nelle biotecnologie, diffidenza reciproca tra scienziati e il vasto pubblico, scarsa prudenza...

Si pensi al delicatissimo problema della "donazione" (a volte superpagata!) e dell'impianto di ovuli, si pensi alla scelta di un figlio "manipolato" in base a caratteristiche razziali (numerosi annunci pubblicitari in questo senso negli Stati Uniti, quanti/e ne sono facile preda?), per non parlare di una visione troppo semplificata delle nanotecnologie, nei confronti delle quali le addette ai lavori (Amalia Bosia) consigliano una attenta valutazione dei rischi: il principio di PRECAUZIONE!

Il grosso nodo da sciogliere è il rapporto complesso tra autodeterminazione delle donne, diritti umani e libertà della scienza.

Tra tecnofobia e eccessivo ottimismo, le donne sembrano interessate solo a problemi concreti riguardanti il loro corpo: come orientare il loro interesse sulla complessità? (Wendy Harcourt, wonbit).

"La società appiattisce tutto su interessi economici, il che provoca atteggiamenti del tipo yes or no.. ma la biologia ha anche risonanze emotive e simboliche." (Flavia Zucco, biologa, Presidente di "Donne e Scienza", wonbit).

La donna potrebbe diventare una "interfaccia placentare", per "connettere ambiente, salute e sviluppo... per noi donne è normale!" dice Simonetta martorelli (S3), ricordando le riflessioni di Vandana Shiva.

Anche i giovani, e in particolare le giovani ricercatrici, sono una minoranza (un neonato?) da proteggere: per loro si auspicano tecniche di coaching e mentoring (Elettra Ronchi, wonbit), che con la trasmissione di buone pratiche risolverebbero anche il problema intergenerazionale...


E' una visione troppo ottimistica? In realtà, sappiamo bene che le interfacce possono essere devianti e che la placenta può trasmettere veleni... Tutto è ambiguo, certo. Ho ancora negli occhi le immagini che ci ha proposto Qaman Rahman, con donne indiane dai bellissimi sahri multicolori che manipolano residui di amianto (il 21% di loro si ammalerà di asbestosi), mentre i bambini si arrangiano a cucinare usando combustibili letali.

Ma un'altra studiosa indiana, Suman Sahai, ci ha proposto altre immagini, questa volta vitali. Donne avvolte in sahri rosa-rosso-arancione accoccolate per terra selezionano i semi per preservare la biodiversità delle piante, contro il rischio rappresentato da monocolture geneticamente modificate, i cui semi sono venduti insieme a potentissimi erbicidi, senza tener conto del fatto che nelle zone rurali anche le "erbacce" sono utili, come foraggio, come piante medicinali, come cibo. Le donne dispongono su semplici scaffali tanti piccoli barattoli con dentro le sementi selezionate: la banca dei semi!


Vorrei concludere ricordando un video che la giovane Eleonora Oreggia ha presentato a wonbit e che mi ha messo allegría (ad altre veramente ha messo angoscia) perché mi ha ricordato il periodo delle piccole interviste che facevo su Medea chiedendo alle donne: "Che ci fai tu con il computer?" (le Infoperline!)

Il titolo del video di Eleonora, che vive ad Amsterdam, è: "/booting - a metaphysical sexual relation between human and machine". In sintesi, Eleonora si spiaccica su uno scanner in diverse pose inattese, poi mescola e frulla il tutto fino a ridurre le immagini a uno spolverío di pixel impazziti. Poi... restart! le immagini si ricompongono lentissimamente, ma qualcosa è cambiato: "booting is about the possibility to be something else". Come dopo aver fatto l'amore. Con il computer, questa volta.



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