Alla Casa Internazionale delle Donne
Una sera con Medea
Roma, 16 aprile 2010
L'Associazione culturale Zora Neale Hurston, Il Paese delle donne e Archivia hanno organizzato una coinvolgente serata sulla figura mitica di MeDea. Ha coordinato i lavori Maria Paola Fiorensoli, che ha "dissacrato" Euripide parlandone in prima persona (ci ha fatto un certo effetto sentirle dire "Io sono Euripide..."). Monica Di Bernardo ha evocato la complessità della figura di MeDea, alla luce di alcune recenti acquisizioni bibliografiche che ne esplorano l'archetipo. Il video e i versi di Francesca Manzini hanno messo in luce con grande finezza la trasformazione progressiva di Medea, dagli aspetti più arcaici (magia, antica sapienza) alla perdita di identità, fino ad un possibile riscatto grazie al contatto con la natura: .... il volo degli uccelli mi indica la strada il mio sangue si scalda la mia lingua si scioglie ritrovo le parole ritrovo nel mio nome la donna la madre le ombre e la luce
Dopo il mio intervento sul nostro sito, Monica Grasso e Lucilla Ricasoli hanno arricchito la serata commentando due raffigurazioni di Medea, la Medea giovane, bellissima, che prepara la pozione rigeneratrice (dallo studiolo di Francesco I de' Medici) e la Medea stravolta dalla fuga mentre sta per trafiggere i due figlioletti che stringe a sé in modo disordinato, così come Delacroix l'ha raffigurata, reinterpretando drammaticamente l'immagine classica della Madonna o della Carità che nutre i pargoli. Maria Paola ha chiuso i lavori facendoci rabbrividire con l'evocazione del mondo menadico, donne selvagge che hanno rotto il tabù del materno e del muliebre...
Riporto qui di seguito il testo del mio intervento.P.M.
A proposito del sito Web MeDea
di Paola Musarra
1. Una piccola genealogia
C'era una volta - o meglio - c'erano una volta alcune donne coraggiose di generazioni diverse: Beatrice Andreose, Laura Guerrini (all'epoca giovane laureanda), Ida Montanari, Grazia Morra e Ermenegilda (Emi) Uccelli (docente di inglese e skipper sul lago di Garda).
Queste donne nel gennaio del 1993 fecero nascere "Madreperla" a Padova, città che era stata crocevia del femminismo negli anni Settanta.
Il titolo della rivista evocava acqua, trasparenza, fluidità, leggerezza. La rivista si offriva come punto di riferimento per riprendere il discorso femminista, ignorato dalle più giovani, e per costruire una "libertà al femminile" in modo autonomo rispetto ai modelli interiorizzati, con una particolare attenzione al rapporto fra testo e immagini. "Madreperla" ebbe il merito di aver avviato sin dall'inizio una riflessione sul nesso donne/tecnologia.
Furono promossi due convegni a Brenzone sul Garda (c'era Emi sullo sfondo...): nel maggio del 1994 su "La stampa femminista" e nel 1995 "Chi ha paura di Internet?", con una importante riflessione sul passaggio dall'informazione stampata all'informazione telematica (il resoconto del convegno fu pubblicato sul numero 8 di Madreperla).
La rivista era bella, ma... molto vorace, costava troppo. Chiuse i battenti nel dicembre del 1995.
Ma dalle sue ceneri nacque nel marzo 1996, come supplemento a "Madreperla" (che non esisteva più...) un "figlio bifronte", su carta (sponsorizzato dalla Scuola di Vela "Compagnia delle Derive") e on line (grazie alla possibilità di usufruire di uno spazio gratutito). Era "Info@Perla", dedicato alla comunicazione digitale, per unire nella Rete donne consapevoli (non solo giornaliste), desiderose di appropriarsi dell'informazione e dei nuovi mezzi di comunicazione, unendo diverse creatività, per espandersi oltre i confini.
Nel primo numero, ideato e promosso da Ermenegilda Uccelli, (direttrice è sempre Beatrice Andreose) troviamo l'editoriale di Emi e contributi di Angela Azzaro, Antonella Barina, Macri Puricelli, Enza Plotino, Susanna Giaccai, Cristina Papa e Cristiana Scoppa, che esprimono senza reticenze le loro paure e le loro speranze nei confronti del mondo di Internet, ancora poco conosciuto.
Un questionario rivolto alle donne italiane on line costituisce la prima ricerca di questo tipo: "Chi sono, che cosa vogliono, cosa esprimono le donne italiane on line".
Io avevo conosciuto Emi durante una memorabile sessione romana di esami di maturità (io membro interno, lei commissaria).
Trovai il numero 1 di "Info@Perla" da bibli, dove avevo il mio primo account di posta elettronica (già da molti anni comunque lavoravo al computer, da sola, in coppia, in gruppo e con i miei alunni). Mi misi in contatto con Emi e... fui presa nella rete/Rete!
L'anno della grande svolta è il 1997: da "Info@Perla" nasce MeDea, sito non profit (ospitato gratuitamente da Polo Est, la Rete telematica della Provincia di Venezia), fondato da Gabriella Alù, Angela Azzaro, Marina Galimberti, Monica Lanfranco, Cristiana Scoppa e Ermenegilda Uccelli.
Viene pubblicato il quaderno "Info@Perla '97" che subito MeDea accoglie in versione digitale nel suo capace ventre (e la stessa cosa avverrà con i due quaderni successivi).
Il quaderno contiene i risultati del questionario, presentati da Macri Puricelli, l'editoriale di Emi Uccelli, i contributi di Alù, Braidotti, Cibin, Galimberti, Martelli ed una mia prima riflessione sulla scrittura in Rete, il tema che più mi appassiona.
Sono apparsi poi, sempre in doppia veste (digitale e cartacea), i due quaderni "Info@Perla'98", con il resoconto del workshop di Mirano-Venezia "WWW Italia, una mappa di genere", e "Info@Perla'99" con le "Infoperline", piccole interviste ad alcune donne (e a qualche uomo) nelle quali chiedevo "Ma tu, che ci fai con il computer?" Tutto è on line, consultate l'archivio di "Info@Perla".
Nella redazione di MeDea, come nei migliori gruppi rock, è successo e succede di tutto: c'è chi va e chi viene, chi desiste, chi si mette in proprio, chi rimane "per tigna". Se volete sapere chi ci lavora e chi ci ha lavorato, consultate il nostro Archivio generale cronologico o il file "Hanno scritto per MeDea...".
2. Medea, chi? Medea, quale?
E adesso veniamo al tema della serata. A quale delle tante immagini di Medea si ispirava (e si ispira) il sito?
A parte il gioco acustico-visivo Medea/media e a parte il gioco grafico MeDea/Me-Dea, diciamo subito che il nome del sito nasce dalla rilettura del mito fatta da Christa Wolf, che nella primavera del 1997 era a Venezia. Macri Puricelli le da' voce: la Wolf aveva cominciato ad interessarsi a Medea nel 1990, quando la DDR stava scomparendo dalla storia. Medea, "la barbara che viene dall'est...".
Consapevole del proprio valore di maga e di guaritrice, Medea guarda con occhi lucidi e implacabili la società che l'accoglie e che le chiede (come è avvenuto per i cittadini dell'ex DDR) di abbandonare la propria identità.
E' lo scontro di due diverse concezioni della morale. Medea che non ha ucciso i suoi figli, viene umiliata, distrutta, diventa un capro espiatorio.
Sullo sfondo, un'utopia: "la convivenza non distruttiva con gli altri, tutti".
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Nel testo "Medee e Cybernaute" Gabriella Alù sottolinea ciò che accomuna la Medea del mito, la Medea di Christa Wolf e... le donne che osano avventurarsi nella Rete.
Sono tutte donne che possiedono un sapere che viene percepito come magico e le rende "diverse".
"Barbaro è tutto ciò che sta al di fuori dei confini delle conoscenze acquisite, delle certezze, della cultura e delle abitudini consolidate". Medea la barbara è odiata perché padroneggia un sapere dal quale gli abitanti di Corinto sono esclusi...
Sia il testo di Macri Puricelli che quello di Gabriella Alù sono del 1997. Oggi le donne sono ormai da anni padrone nella Rete (parlo con cognizione di causa, ho fatto parte della giuria del premio "DonnaèWeb", nel 2005 e nel 2006 - MeDea era stata finalista nel 2004)
Ma siamo sicure che l'atteggiamento degli altri nei confronti delle donne competenti sia cambiato? E come mai oggi si moltiplicano convegni e spettacoli sulla figura di Medea?
"Medea irrompe nella polis incapace di sottomettersi alle sue leggi" dice Giuseppe O. Longo in "Medea: M(acchina) e Dea".
Medea la fattucchiera (recentemente la Casa Internazionale delle Donne ha dedicato un bell'incontro alle Stregherie), Medea madre snaturata che uccide i figli (che abortisce?). Medea che fa paura.
Medea la diversa, Medea sola (ricordate "La solitudine delle madri"?), Medea che ha paura...
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Vi invito ad esplorare il sito, a ritrovare i fili per una rilettura attuale di MeDea. Mi limiterò a suggerirvi poche tracce.
Potete cominciare dal "Progetto Albania", con il quale, sin dal 2001, abbiamo voluto proporre una nuova immagine delle donne albanesi ("le barbare che vengono dall'est..."), con interviste a scrittrici, giornaliste, intellettuali, donne impegnate in attività sociali.
Per uno sguardo retrospettivo più lungo nel tempo potete ripercorrere il magnifico lavoro di Angela Frulli Antiocchieno sui "Mestieri da donna fra '800 e '900": quanti soprusi e quante discriminazioni (e quanta strada c'è ancora da fare...). Angela ci ha "regalato" la sua tesi di laurea; la stessa cosa ha fatto Loretta Ramazzotti, con la sua inchiesta sui rapporti uomo-donna in ambito aziendale, con numerose interviste (cosa devono fare le donne per far accettare la loro competenza...).
Anche Patrizia Lessi ci ha regalato la sua tesina sul romanzo Musica di Mishima: uno psicoanalista proietta su una sua paziente tutte le scontate immagini di stereotipi femminili, senza "vedere" chi ha veramente davanti.
Il tema del confine è sempre presente su MeDea, grazie a numerosi contributi delle donne dell'estremo nord-est: Marina Cernetig ci ha procurato numerosi testi poetici bilingui, in italiano e in sloveno.
Per quanto mi riguarda, sin dall'inizio della mia collaborazione ho cercato di promuovere l'autonomia delle donne "non specialiste" che si muovono nella Rete, auspicando una sorta di "ecologia" dell'approccio, per la realizzazione di pagine in HTML, leggere, facilmente modificabili ed esportabili, ma varie, colorate e - possibilmente - attraenti.
Concludendo, la nostra preoccupazione costante è quella di "dare voce" sul sito a chi non ha altre possibilità di farsi sentire: la Medea del mito era costretta al silenzio, estranea fra estranei... Anche per noi, come per Christa Wolf, sullo sfondo c'è l'auspicio di una convivenza non distruttiva, con le altre e con gli altri.
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