... Caminante, no hay camino
se hace camino al andar...
Antonio Machado
Viterbo, 10 dicembre 2011
Il Circolo Bateson ha organizzato un convegno, in collaborazione con due associazioni di Viterbo ("AltreMenti" e "Viterbo con amore nella Tuscia solidale") sul tema "Apprendere dalla crisi" presso l'Archivio Diocesano di Viterbo. Quanto segue è la mia comunicazione (vedi anche il sito del Circolo Bateson).
Piccoli esercizi di democrazia e di comunicazione
dal basso
In questi ultimi tempo ho seguito le vicissitudini di molti gruppi impegnati autorganizzati (e in maggiore o minore misura indignati) partecipando a incontri, riunioni, assemblee, manifestazioni sui temi più disparati.
Lo slancio che ha indotto milioni di persone a votare "sì" ai referendum (e milioni di donne a scendere in piazza), non trovando un adeguato sbocco politico sembra aver prodotto una specie di malattia esantematica, con innumerevoli bollicine, piccoli focolai di riflessione critica e/o di rivolta che emergono qua e là.
Molte di queste bollicine però scompaiono senza lasciare traccia, il che, se è un bene per il decorso della varicella, è un segnale inquietante per quanto riguarda questi tentativi di ribellione svaniti nel nulla.
"Quando gli apparati dei movimenti provano a solidificarsi in una rete organizzativa, non solo non riescono a produrre il nuovo ma spesso finiscono con lo scimmiottare", osserva Luca Telese in Gioventù, amore e rabbia (Sperling & Kupfer 2011, p.236).
Effettivamente, dopo una prima fase ricca, vivace e partecipata, quando arriva il momento di tradurre le legittime e diversificate aspirazioni del - chiamiamolo così - gruppo in una sintesi intelligibile (che consenta di proseguire nel percorso intrapreso), ecco subentrare una strana forma che definirei di "afasia".
La diversità delle opinioni fa paura, appare irriducibile, si aprono spazi per derive violente, oppure compaiono documenti calati dall'alto che sono vere e proprie strumentalizzazioni. E' meglio allora - per una successiva revisione (auto)critica - produrre almeno semplici verbali o resoconti di ciò che è avvenuto (o che NON è avvenuto), purché contengano un qualche elemento di rilancio per una attività futura, grazie al quale sia possibile ritrovarsi, "riconoscersi", per evitare che molti, scoraggiati, abbandonino l'impegno. Ma...
Ma è proprio vero che, come afferma Luca Telese, lo spontaneismo non mette radici e l'autorganizzazione non può durare nel tempo?
E' proprio inevitabile doversi "consegnare" a qualcosa di più strutturato - in una parola: passare dal movimento al partito?
Io non voglio rispondere a questa domanda, mi interessa solo averla posta.
Vi propongo invece, mentre riflettiamo e maturiamo una eventuale risposta, di praticare con me "Piccoli esercizi di democrazia e di comunicazione dal basso".
Ma che vuol dire?
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1."Piccoli"
Ecco, ci tengo molto all'aggettivo "piccolo". Piccole cose ci stanno accanto, piccole persone, piccole umili storie alle quali è bello dar voce: una panchina, un albero antico, un giardinetto...
E poi ci accorgiamo che queste cose piccole chiamano le più grandi (mentre non è vero il contrario): un giardinetto chiama una piazza, la piazza chiama un rione, il rione chiama una città, una provincia, una regione, uno Stato... l'Europa... la Costituzione... il mare...
Stiamo accanto ai piccoli, ma guardiamo lontano, pur nell'amara piena consapevolezza che i grandi giochi si fanno altrove e che nelle nostre mani ci sono solo piccoli giochi... Ma che almeno vadano nella direzione giusta!
2."Esercizi"
Se per voi la parola "esercizi" evoca noiosissimi quaderni a righe e a quadretti con tabelline, logaritmi, estenuanti analisi logiche... beh, vuol dire che siete piuttosto anziani.
Se invece pensate al lavoro al computer e all'infinita pazienza e agli innumerevoli tentativi ed errori necessari per raggiungere i risultati desiderati, ecco, ci siamo.
Pazienza, umiltà e impegno fisico per arrivare a FAR BENE le cose. Tutto il corpo è impegnato.
Pensate al Circo, all'acrobata sul filo (una figura cara ai batesoniani): centinaia e centinaia di volte si deve ripetere un esercizio finché non è perfetto. E poi ancora, e ancora, per fissare la perfezione e renderla (si fa per dire) spontanea...
Mi viene in mente Nureyev, che si allenava sempre. Dietro le quinte c'era una sbarra per lui. A terra, le chiazze del suo sudore.
3."Democrazia"
Questa parola è troppo pesante, è come una grossa pietra grigia. Per il momento non mi va di entrarci dentro, spostiamola faticosamente, mettiamola da parte. Ci penseremo dopo.
4."Comunicazione"
Ah, questa parola mi piace, mi ci ritrovo. Nella mia vita di tutti i giorni, nei rapporti con chi conosco bene e con chi conosco poco, nella mia esperienza di insegnante e nel mio impegno in associazioni e gruppi di vario genere, la costante è stata ed è una mia precisa - direi quasi "accanita" - volontà di capire e di farmi capire. Comunicazione nei due sensi, dunque, che va e che viene. Con tutti i suoi limiti, naturalmente: una comprensione reciproca totale è impossibile, l'altro è e resta irrimediabilmente altro, ma...
E qui ci soccorre l'insegnamento di Gregory Bateson: noi siamo immersi in un continuum, siamo connessi, diversi ma connessi. E queste connessioni bisogna saperle cercare, è su questo che bisogna fare quotidianamente piccoli ma intensi esercizi.
Sapete qual' è la definizione di "amore" che Bateson propose ad un convegno nel 1968? Eccola qua:
Considero me stesso un sistema, fatto al quale do una valutazione positiva, preferendo essere un sistema piuttosto che disgregarmi e morire; considero la persona che amo come un sistema, e ritengo che il mio e il suo sistema insieme formino un sistema più grande avente in sé un certo grado di armonia" (citato in G.Bateson, M.C. Bateson, Dove gli angeli esitano, Adelphi 2002 [1989], pp.287-288).
Ecco, per me questo è uno dei migliori esempi di rispetto delle differenze e al tempo stesso di speranza per chi voglia cercare le connessioni. Non il "consenso", si badi bene, ma le "connessioni". Perché di questo di tratta. E senza falsi buonismi. Si tratta di cercare dei punti, delle zone, delle aree di connessione (e ci sono sempre, basta pensare - perché no? - ai "sei gradi di separazione"...), rispettando le differenze e senza applicare brutalmente né il principio mors tua vita mea né il principio in medio stat virtus, che rischia di scontentare tutti.
E' illuminante a questo proposito quanto afferma Riccardo Antonini nel suo contributo al primo numero della rivista dell'AIEMS, Associazione Italiana di Epistemologia e Metodologia Sistemiche, scaricabile gratuitamente dall'Archivio del sito (Riccardo Antonini, "Per una Consapevolezza Operativa nella Gestione dell'Incertezza in Logica Fuzzy", agosto 2009), per non parlare delle interessanti teorizzazioni di Gérard Jorland e del suo gruppo sul concetto di "empatia" e di quanto afferma Thomas Nagel sui pipistrelli...
Con una bella sintesi, Luca Telese afferma (vol. cit., p.4)" "Non è vero che quattro occhi vedono meglio di due. E' vero che due paia d'occhi vedono sempre cose diverse".
5."Dal basso"
Questo è il punto chiave. Ci deve essere un movimento dal basso verso l'alto che bisogna a tutti costi preservare. Dopo aver esercitato a fondo la comunicazione orizzontale con un intenso scambio fra pari e aver ottenuto quel consenso de mínimos di cui parla Óscar Rivas nel testo a più voci Nosotros, los indignados (Ediciones Destino, Barcelona 2011), le istanze che man mano prendono forma devono poter essere riassunte e trasmesse in una forma intelligibile ad un gruppo più ampio, diciamo "superiore" ma solo in senso quantitativo.
E quale sarà questa "forma intelligibile"?
Viviamo in un mondo fatto di parole, le parole sono importanti, ma il messaggio può anche assumere la forma di un condensato slogan (pensate a "Se non ora adesso"), di un'immagine, di una musica, di un grido...
L'importante è che contenga un sogno, un'aspirazione, un desiderio traducibile in una azione: la difesa di quell'albero, di quel giardinetto, di quella valle, di una libreria, di un teatro, di un ruscello... della libertà... Una lotta contro un'ingiustizia, un sopruso, una violenza pubblica o privata...
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Qualcuno dirà: "Ma questa è una finalità cosciente, che ne direbbe Bateson, o meglio, che ne direbbero i 'batesonisti integralisti'?"
Io penso (e non sono la sola a pensarlo) che in pedagogia come in politica ci debba essere una finalità cosciente, che tuttavia deve essere temperata dall'attenzione, dall'ascolto, dal rispetto e da una buona dose di costante autocritica, in una parola da quella flessibilità (altra parola cara a Bateson e ai batesoniani) che consente una costante co-evoluzione. Dal basso.
La strada è tutta in salita, non è tracciata, direbbe Machado, "no hay camino", la dobbiamo tracciare noi con i nostri passi.
A questo punto proviamo a sollevare INSIEME quella famosa pietra grigia pesantissima. Forse ce la facciamo.
... Caminante, no hay camino
se hace camino al andar...