"Questo è un gioco"
G.Bateson
1. Mettiamoci nei pasticci
Carte du Pays de Tendre (part.)
"Che cosa facciamo con le parole? Nella maggior parte dei casi le usiamo inconsapevolmente, ci lasciamo trasportare lungo sentieri già tracciati, seguendo i solchi lasciati nella terra da chi ci ha preceduto.
"Altre volte invece le strappiamo al loro contesto e le forziamo altrove, senza preoccuparci delle conseguenze di questo atto violento.
"E che dire di quando ce le buttiamo addosso come oggetti contundenti, nel tentativo di inchiodare l'interlocutore in una definizione del tipo "tu sei..." o "tu fai sempre..."?
"Con le parole, che sono pericolosissime, dobbiamo tutti e tutte fare i conti: la mamma che insegna a parlare al bambino (come sarebbe semplice se ad ogni oggetto corrispondesse una parola attaccata alla "cosa" come il cartellino del prezzo...), la maestra o il maestro a scuola alle prese con bambini e bambine che sono come piccole spugne, l'analista consultore terapeuta alle prese con le verbalizzazioni criptiche di chi cerca aiuto, per non parlare di altri "professionisti" della comunicazione.
"E quando ci accostiamo baldanzosamente ad una lingua ignota, che cosa succede? Succede che maneggiamo materiali dei quali non conosciamo la forza (o la debolezza), perché non siamo in grado di percepire il loro alone.
Carte du Pays de Tendre (part.)
"Per riflettere insieme su questi problemi - e infiniti altri, che nascono dall'uso sconsiderato delle parole - ho pensato di proporvi un giocotest. Già questa parola, "giocotest", pone qualche problema: è come un piccolo ring sul quale due avversari si stanno prendendo a pugni. "E' un gioco", cioè "tranquillizzatevi, stiamo giocando, non c'è niente di serio!" Ma subito dopo: "è un test", cioè "state attenti, sarete messi alla prova!". Ci manca solo un comando impossibile del tipo "siate spontanei/e", dopo di che potrete andare direttamente a mettervi nei pasticci...
La farfalla pane-e-burro
2. Come è nato il giocotest
"Vi ho già parlato su MeDea del Circolo Bateson, che organizza ogni anno, insieme ad altre attività, due seminari nazionali (se la cosa vi interessa e/o se volete sapere chi era Bateson, potete consultare il sito del Circolo).
"Quest'anno al primo seminario (Roma, 16-17 dicembre 2006, "Riflessioni sull'epistemologia di Gregory Bateson") sono stati invitati alcuni/e giovani studenti e studentesse dell'Università di Verona, che, dopo aver seguito i corsi su Bateson di Chiara Zamboni, docente di Filosofia del linguaggio, si sono appassionati/e e hanno voluto dedicare allo studio di alcuni punti essenziali del pensiero di Bateson il volume Legàmi con Gregory Bateson (Libreria Editrice Universitaria, Verona 2006, via dell'Artigliere 3/a, tel. 045 8032899).
"Ho pensato di proporre il mio giocotest come "intermezzo" al seminario, perché... Ma procediamo con ordine.
"In occasione del convegno "Gregory Bateson (1904-1980) - I cent'anni di un pensiero vivente", svoltosi a Roma il 14 e 15 maggio 2004, Lucilla Ruffilli, una delle fondatrici del Circolo della quale vi ho già parlato su MeDea, aveva elaborato un interessante "foglio verde", che mi era piaciuto molto, nel quale aveva raggruppato le parole chiave del pensiero di Bateson, associando ciascuno dei gruppi ad un disegno e ad una citazione (i disegnini colorati che illustrano questo file sono tratti da quel foglio).
Alice gioca a croquet, la mazza è un fenicottero,
la palla un porcospino
"A questa immagine di Alice, ad esempio, erano associate parole come "gioco", "umorismo", "interfaccia", "livelli logici", "cornice", "paradosso"...
La citazione invece rimandava alla deliziosa conversazione (metalogo) tra Bateson e la figlia ("Perché le cose hanno contorni?" in Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 1976) sulla famosa partita a croquet di Alice nel Paese delle Meraviglie, in cui il livello di imprevedibilità era altissimo perché le palle (porcospini), le mazze (fenicotteri) e le porte (soldati) erano tutti esseri viventi e "ogni cosa poteva muoversi e nessuno poteva dire come si sarebbe mossa" (p.61). Nel volume Legàmi citato c'è un interessante contributo di Michela Gibellini su "Rigore e immaginazione in Gregory Bateson e Lewis Carroll" (pp.63-72).
"Raggruppare, associare... Il 20 novembre 2005, insieme ad altri membri del Circolo Bateson feci un viaggio a Napoli durante il quale Lucilla Ruffilli ci fece visitare il suo Laboratorio epistemologico, ospitato dall'Istituto Italiano di Psicoterapia Relazionale di Giovanni Madonna.
"Durante la visita, dopo aver svolto interessanti esperimenti, fummo sottoposti ad un test veramente appassionante, il test di George Miller. Potete trovarlo alle pagine 121-125 del volume di Heinz von Fœrster Sistemi che osservano, Ubaldini Astrolabio 1987.
"Von Fœrster fa questa premessa:
"A quanto pare (...) veniamo allevati in un mondo visto attraverso le descrizioni altrui, invece che attraverso le nostre stesse percezioni. Ciò comporta che invece di usare il linguaggio come uno strumento per esprimere pensieri ed esperienze, si accetti il linguagggio come uno strumento che determina i nostri pensieri e le nostre esperienze."
Il test di Miller consiste nell'associare tra loro 36 parole, in base alla somiglianza di significato.
Il test di Miller
(se volete farlo, non leggete subito quanto segue)
Von Fœrster ci racconta che gli adulti associano di solito le parole secondo categorie grammaticali tipo: nomi, aggettivi, verbi... I bambini invece superano questi confini e raggruppano le parole costruendo frammenti, embrioni di storie.
Io quel giorno, senza sapere di questi risultati, ho costruito una sola storia utilizzando tutte le parole...
"Tu hai una chitarra azzurra,
Tu non suoni le cose come sono."
"Perché vedete, se non le forziamo, le parole corrono spontaneamente l'una verso l'altra e si prendono per mano, oppure si tirano calci, si fanno i dispetti...
"Arrivata a questo punto, avevo l'idea per il mio test: dovevano essere parole da associare liberamente, però... Lo spunto offerto dal seminario e dal libro veronese (molto stimolante il contributo di Gian Paolo Antonioli: "Il gioco del linguaggio: una lettura di Bateson attraverso Wittgenstein") mi induceva a proporre parole per la maggior parte astratte (che malvagità!), parole dell'epistemologia batesoniana (ma non tutte, e non solo), da associare e poi...
"Perché non creare una "mappa" (altra parola sensibile!) nella quale sistemare le parole?
"Avevo un precedente di mappa legata al linguaggio: la seicentesca, preziosa (nei due sensi) "Carte du Pays de Tendre", sulla quale gareggiavano in raffinatezze interpretative i frequentatori del salotto parigino di Mademoiselle de Scudéry (questo file è illustrato con alcuni particolari della "Carte").
Carte du Pays de Tendre (part.)
"Ma un ulteriore affinamento dell'idea di mappa me l'ha suggerito l'artista Paolo Monti, con le sue eccezionali operazioni sui dollari-sdollari che perdono il loro valore monetario, messi a nudo da un'impietosa raschiatura, e diventano messaggeri di pace attraversando le frontiere e trasformandole in "vasi comunicanti" (Gianni Tomasetig), per essere al ritorno indagati da potentissimi "nasi" elettronici.
"La "mappa" che ciascun dollaro sdollarato rappresenta si impregna profondamente di umori, di colori, che percolano e si diffondono secondo percorsi dendritici e ramificazioni imprevedibili e costruiscono reti, connettono per vie sotterranee.
"Anche le parole hanno e creano connessioni, se le lasciamo libere di associarsi come vogliono. E a volte ci mettono a nudo molto più di quanto avevamo previsto.
"Ma è tempo di passare alle Istruzioni particolareggiate del nostro giocotest.