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Sull'autobus 71

di
Paola Musarra


Roma, 8 aprile 2008, verso sera

Diluvia. Aspetto l'autobus 71. Eccolo, è strapieno. Chiudo il grande ombrello e coraggiosamente mi infilo tra corpi umidi ed enormi borsoni: i venditori abusivi tornano a casa, con la pioggia la giornata è andata male.

Si soffoca, mi si appannano subito gli occhiali. Sono appannati anche i vetri, ma conosco a memoria il tragitto: l'Esquilino, il tunnel, San Lorenzo...

Raggiungo brancolando un posto libero, vicino all'uscita centrale. Accanto a me un uomo sfoglia un giornale sgualcito scritto in caratteri bangla.

... in caratteri bangla...

L'ombrello mi sgocciola su un piede. Incontro lo sguardo di una donna che scuote lentamente la testa. Le nostre facce, di ogni colore, sono murate nella stanchezza, nel disagio.

Ed ecco all'improvviso salire dal fondo dell'autobus, chiara e distinta, la vocina di un neonato che dopo alcuni vocalizzi "gna gna gna da da" proprompe in una irrefrenabile risata.

La risata si prolunga, intermittente, evidentemente legata a periodici titillamenti di pancino. Mi giro ma non vedo altro che teste e spalle di adulti. Una signora alta davanti a me scruta nella folla e poi dice: "'Anvedi quello, se sta a sganascia' dae risate...".

"Gna gna gna!", reclama l'invisibile, e poi giù un'altra risatona a singhiozzo che scuote l'autobus.

Lentamente tutte le facce si smurano, compaiono lievi sorrisi agli angoli della bocca, degli occhi.

Sul giornale bangla c'è una foto con due piccolissimi bambini.

... c'è una foto...


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mise en page: 
pmusarra

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