Le premesse
Roma, estate 2013
Da un po' di tempo a questa parte sto vivendo in pieno déjà vu. Sento fare e leggo (soprattutto in ambito pedagogico-didattico, ma non solo) dei discorsi sull'utilizzazione della Rete che somigliano molto alle resistenze, ai timori e ai tremori che si manifestarono tanti anni fa, quando per la prima volta il computer arrivò come terzo incomodo a perturbare il delicatissimo rapporto docente/alunno.
Gregory Bateson ci ha insegnato che "prive di contesto, le parole e le azioni non hanno alcun significato". (Mente e natura, p.30) Ciò significa che le nostre analisi dovrebbero sempre prendere in considerazione non i singoli dispositivi in quanto tali, ma l'insieme costituito dall'utente e dall'artefatto tecnologico, dall'ambiente che li accoglie (li modifica e si modifica) e (soprattutto) dalla modalità e dalla qualità delle loro interazioni.
Anni fa si trattava appunto solo dell'avvento del computer, senza la connessione in Rete, ma la sua "irruzione" in ambito scolastico già bastò a sconvolgere quel groviglio assai complesso nel quale si alternano o convivono diverse modalità comunicative tra insegnanti e "insegnati": dominanza, persuasione, minaccia, provocazione, seduzione e (nella maggior parte dei casi) negoziazione.
Che succede oggi, dopo tanto tempo? Ebbene, vanificate le speranze di chi immaginava che il computer fosse un giocattolo con il quale trastullarsi per un po', relegandolo poi i cima ad armadi polverosi, oggi non solo l'uso degli strumenti tecnologici è diventato indispensabile per la vita quotidiana, ma per i docenti appare evidente che spetta a loro
- educare i futuri cittadini responsabili ad una visione critica e matura di tali strumenti e
- difendere il "diritto di accesso" alla Rete in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico-sociale (sto citando la riformulazione dell'art. 21 della Costituzione proposta da Stefano Rodotà).
Facile a dirsi. Come si fa a educare i futuri cittadini all'uso critico e maturo di strumenti che... che non si conoscono?!?
Oggi infatti la situazione è completamente cambiata. Si fa sentire con sempre maggiore intensità lo scarto generazionale tra docenti e alunni (e tra genitori e figli) rispetto all'uso di dispositivi tecnologici sempre nuovi, sempre più piccoli e maneggevoli, sempre più presenti e "performanti", con tutto il loro immenso potere di distrazione. Inoltre la connessione in Rete è senza limiti: "... un solo mantra: sei collegato!", ironizza Giuseppe O. Longo su Mondo Digitale, immaginandoci fluttuanti nel ciberspazio ma collegati da un salvifico cordone ombelicale alla placenta della Rete...
Ma essere connessi significa essere investiti da un'enorme massa frammentata di notizie, documenti, suoni, immagini, brandelli di vite altrui... un vero e proprio tsunami!
Ecco allora farsi strada voci e atteggiamenti di resistenza e opposizione, più meno giustificate, più o meno latenti. Si riflette con una certa amara soddisfazione sulle tesi espresse da Nicholas Carr in Internet ci rende stupidi?, si sottolineano gli aspetti patologici di una completa dipendenza dalla Rete, si auspica in modo più o meno esplicito il ritorno agli strumenti tradizionali di trasmissione del sapere (il libro, il libro! la lettura approfondita!), colpevolizzandosi al tempo stesso per non sapersi destreggiare con i nuovi dispositivi...
C'è soprattutto chi teme di perdere la propria identità, di veder modificato il proprio tempo, il proprio stile di vita, il proprio modo di pensare, il proprio cervello... aiuto!
Alcune considerazioni
Cominciamo dalla fine.
- Il Web modifica il nostro cervello, il gioco delle nostre sinapsi? Ma anche bere una tazza di the ci modifica, per fortuna non siamo così rigidi! Se poi invece di un the è una tisana e ci inzuppiamo dentro una madeleine...
- Il tempo, il nostro prezioso tempo... Ma "il tempo è qualcosa di assolutamente inafferrabile", afferma Enrico Castelli Gattinara (Le nuvole del tempo p.227). Julian Barbour invece ci provoca postulando un mondo fatto di tanti "Adesso" (Nows): "ogni Adesso di cui facciamo esperienza è nuovo e distinto". (La fine del tempo p.340)
E' evidente che viviamo immersi in temporalità molteplici; il problema è tenere insieme tutti i tempi della nostra vita (di solito le donne ci riescono molto bene...).
- E il rischio di perdere la propria identità? Ma di quale identità stiamo parlando? Abbandoniamo, anche in questo campo l'illusione della "linearità": come il tempo, non è "lineare" ma multipla, complessa, intrecciata anche la nostra identità, noi stessi siamo "un ricordo inventato", in costante evoluzione nel rapporto con gli altri (v. Sergio Boria).
Nel suo recente testo Il Web ci rende liberi? Gianni Riotta cita Calvino ("Molteplicità",pp.134-135): "chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d'esperienze, d'informazioni, di letture, d'immaginazioni? Ogni vita è un'enciclopedia, una biblioteca, un inventario d'oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili..."
- E la nostra responsabilità di educatori? Lungi dal mettersi decisamente dalla parte degli entusiasti della Rete, Riotta in un certo senso "ci rimanda la palla": dipende da noi e solo da noi decidere se il Web sarà una prigione che istupidisce e ci appiattisce nel conformismo oppure un'occasione preziosa per liberare intelligenza collettiva (p.69): " la rivoluzione tecnologica ha necessità di contenuti altrettanto rivoluzionari, senza contenuti rivoluzionari la sola tecnologia non scatena svolte nella storia. E perché si creino contenuti innovativi c'è bisogno di contesti storici e sociali diversi, di uomini e donne che usino la tecnica nuova e se ne lascino "usare", generando nuovi linguaggi e nuove idee."
A questo proposito, mi piace ricordare un esperimento di Storytelling che il prof. Alberto Quagliata ha condotto a Roma, presso l'Università Roma Tre (Scienze della Formazione), utilizzando le possibilità offerte dalla Rete in collaborazione con i suoi studenti del corso misto (in Rete e in aula) di "Storia sociale dell'educazione". Un lavoro intenso e complesso, contro la superficialità acritica, la dispersione e la frammentazione delle conoscenze. Coraggio, la Rete vi aspetta!
Libri citati
- Gregory Bateson, Mente e natura, Adelphi, Milano 2004 [1984]
- Italo Calvino, "Molteplicità" in Lezioni americane; Oscar Mondadori, Milano 1993
- Julian Barbour, La fine del tempo - La rivoluzione fisica prossima ventura, Einaudi, Torino 2005 [2000]
- Enrico Castelli Gattinara, Le nuvole del tempo, Cisu, Roma 2006
- Giuseppe O. Longo, "Nascere digitali - Verso un mutamento antropologico?" in Mondo Digitale, anno VII, n.4, dicembre 2009, pp.3-20
- Nicholas Carr, Internet ci rende stupidi? - Come la Rete sta cambiando il nostro cervello, Raffaello Cortina Editore, Milano 2011
- Sergio Boria, Il ricordo inventato che noi siamo, Guaraldi, Rimini 2012
- Gianni Riotta, Il web ci rende liberi? - Politica e vita quotidiana nel mondo digitale, Einaudi, Torino 2013
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