Risorse Il computer e le prof testo e foto: Paola Musarra
Scrivere per lo schermo Parliamo di un/una collega
Questi/e prof esistono, io li ho incontrati! Di solito mi chiedono di parlare dei "contenuti". Beh, parlare in modo esauriente dei "contenuti" è impossibile... Però potrei
Ma prima di cominciare immaginiamo una situazione concreta: fra un mese ci sarà uno "scambio" con alunni di un'altra scuola (di un'altra città, di un'altra nazione...). Verranno nel vostro istituto accompagnati dai loro professori, e voi vorreste preparare un bell'"ipertesto di presentazione" sui vostri alunni, le attività che svolgete, la vostra città, la vostra regione... Ho scelto questo esempio banale perché ci permette di affrontare una vasta gamma di argomenti, dagli aneddoti personali alla storia nazionale, che favoriscono l'uso di registri comunicativi abbastanza diversificati. Attenzione, però. Il fatto che l'esempio sia banale non vi autorizza a riempire di banalità il vostro piccolo ipertesto: è la prima cosa da non fare! Ma... che vuol dire "banale"? E' un termine che ci viene direttamente dal francese. Nel mondo feudale, designava tutto ciò che apparteneva a un signore (il ban era il "bando", il proclama). Chi voleva utilizzare un forno, o un mulino, doveva pagare un pedaggio. Per estensione, in seguito il termine "banale" designò tutto ciò che era comune, senza originalità, insomma: insignificante. Nel nostro caso, la banalità consisterebbe nel mettere on line testi e immagini che esistono già... sulla carta (guide turistiche, libri di storia o di geografia, scopiazzati e messi pari pari nel computer). Certo, si può prendere un'immagine (citando la fonte!) o qualche frase (rigorosamente tra virgolette, come una normale citazione) ma se avete un testo che è stato concepito per un documento cartaceo, dovrete riscriverlo da capo a fondo, per soddisfare le esigenze dello schermo. Quali esigenze? Le esigenze dello schermo sono in realtà quelle di un ipotetico "lettore on line": lui vi supplicherebbe di evitare
Pensate un po' come reagirebbe se lo obbligaste a sorbettarsi un interminabile articolo di stile accademico compatto e pesante come un blocco di cemento, impaginato tipo vecchio ciclostile (ve lo ricordate? no, siete troppo giovani!). Insomma, è come usare una Ferrari (vrooouuum ! vroooouuuum !) per farsi un bel giretto nel parcheggio. Se volete farla andare a pieno regime, la vostra Ferrari (o la vostra Panda), vi toccherà reinventare le vostre strategie comunicative. Scrivere per lo schermo oggi significa concepire una "mise en page" che è al tempo stesso una "mise en scène": colori, immagini, disposizione degli elementi sulla pagina video, senza dimenticare, naturalmente, la qualità della lingua. La dimensione pedagogica nella quale ci muoviamo ci impone infatti la ricerca di un equilibrio sempre difficile fra testo e immagini, fra la seduzione visiva e l'efficacia dell'argomentazione. I nostri alunni sanno tutto (o quasi) sull'impatto visivo (basta guardare le foto che illustrano queste pagine: le ho fatte nel cortile di un liceo romano). Allora, che cosa manca agli alunni? La ricchezza e l'espressività della comunicazione verbale e la forza argomentativa. Parliamo dei testi. La scolarizzazione cancella progressivamente dalla comunicazione (soprattutto scritta) le tracce dell'"io", del corpo, le sensazioni, le emozioni... la vita, insomma. Questa accanita spersonalizzazione rischia di ridurre la comunicazione ad una serie di proposizioni assertive presentate come verità, assolute, alla terza persona dell'indicativo presente. Se aggiungiamo la preoccupazione costante di esprimersi "scientificamente" e una buona dose di parole incomprensibili, otterremo quel gergo che imperversa (d'accordo, c'è qualche eccezione) negli ambienti universitari. Che fare? Queste tracce dell'"io", le dobbiamo cancellare o no, dai compiti dei nostri alunni? Secondo me, c'è una sola soluzione (che comporta un doppio lavoro): dobbiamo fornire agli alunni gli strumenti necessari per sviluppare almeno due modalità comunicative:
Insomma, bisogna che l'armamentario espressivo dei nostri alunni sia ricco, però non bisogna dimenticare l'ironia e la presa di distanza critica, che dovrebbero sempre esercitare una funzione essenziale. Un ricordo personale: insegnavo corrispondenza commerciale francese in un istituto tecnico romano. Un giorno un alunno mi disse: "A' professore', ho trovato quindici modi pe' ddi' : 'nun cio' na lira !'". Si trattava in sostanza di scegliere, in una vasta gamma di possibilità, la forma appropriata per segnalare in una lettera a un creditore l'impossibilità di far fronte ad un pagamento... Ma torniamo al nostro "ipertesto di presentazione", Per presentare alunni, istituto e attività scolastiche potrete adottare uno stile personalizzato, familiare, simpatico, scherzoso e colorito. Per quanto riguarda invece la storia della città e della regione, resistete alla tentazione di adottare lo "stile dépliant"! Esplorate piuttosto le risorse di Internet in una bella paginetta di link ai principali siti turistico-culturali, ben presentati e discussi criticamente: sarà molto più apprezzata. Ma se proprio volete fare qualcosa di veramente originale... Régine Robin insegna a Montreal (Université du Québec). La sua creazione ipertestuale sul Web (si tratta di una sperimentazione in chiave autobiografica) si ispira all'Oulipo (v. Bibliografia) e propone degli esercizi di "deterritorializzazione" della scrittura che, secondo me, si prestano ad una riformulazione in chiave pedagogica. Si tratta di "textes à contraintes", cioè di testi con delle precise regole di scrittura da rispettare (agli alunni piacciono queste sfide!). Un esempio: prendere un autobus, scendere alla prima fermata, scattare una foto e scrivere un breve testo, che potrebbe essere usato come didascalia per la foto. Bisogna che il testo sia completato (la "contrainte"!) prima dell'arrivo dell'autobus successivo, sul quale bisognerà salire, per scendere alla seconda fermata, fare un'altra foto, e così via. Si otterrà in tal modo una ghirlanda di foto e testi molto interessante da analizzare. Régine Robin prende come esempio la linea 91 a Parigi, che va da Montparnasse alla Bastille. Gli autobus 91 sono molto numerosi e i testi rischiano di essere brevissimi... Avete già pensato a un autobus (o tram, trenino o pullman) della vostra città? I testi possono segnalare la presenza di monumenti (si pensi alla linea 64 a Roma, che va dalla Stazione Termini a San Pietro) ma anche - e questa possibilità mi sembra più interessante - documentare le modificazioni del paesaggio urbano man mano che ci si allontana dal centro per andare verso lontane periferie. Storie personali, luoghi e non-luoghi, itinerari, de- (e ri-)territorializzazioni: tocca a voi raccogliere e collegare tutti questi stimoli. A volte basta una foto con una didascalia sintetica per documentare un passaggio effimero, che la Rete accoglierà, rendendolo meno precario. Weblio
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