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Risorse

Il computer e le prof
Consiglietti pratici per sopravvivere
a scuola
Prima parte

testo e immagini: Paola Musarra

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Introduzione

Navigatrici esperte... questi consiglietti pratici (beh, non c'è solo Fernanda per le "ricettine" e i "consiglietti") non fanno per voi. Megere informatiche, che nelle scuole bloccate l'accesso ai computer con le vostre password segrete (non sto inventando niente)... girate al largo.

Voi infierite sulle colleghe perché non sanno niente delle porte USB, della tecnologia Bluetooth o dell'ultimo programma OCR. Le disprezzate? Beh, avete torto.

Molto spesso si tratta semplicemente di donne sensibili
  1. che si sentono travolte dalla continua evoluzione dell'informatica e della telematica;
  2. che sono schiacciate dalla massa imponente di dati non strutturati che la Rete vomita ogni giorno sugli schermi impassibili dei computer;
  3. che sono terrorizzate tic toc time is money tac...all'idea di dover dedicare all'apprendimento di strategie e percorsi completamente estranei alla loro formazione una parte troppo grande di quel loro tempo così prezioso, così ridotto, di quella "pelle di zigrino", direbbe Balzac, che gli impegni quotidiani divorano senza pietà;
  4. che si chiedono perché, per essere davvero aggiornate, dovrebbero spendere il loro denaro (così prezioso, così ridotto, ecc.) per comprare periodicamente un computer nuovo, costose periferiche (stampante, scanner, masterizzatore...) e soprattutto software didattico (concepito espressamente per prof imbranati), destinato ad essere superato in brevissimo tempo per l'evoluzione dei sistemi;
  5. che considerano la tecnologia informatica come un'emanazione di quegli interessi economici e di quelle logiche aziendali, che rischiano di affermarsi nella scuola a discapito della cultura e dell'educazione (in senso pieno);
  6. che tuttavia vorrebbero non sentirsi troppo vecchie, e soprattutto troppo isolate, in mezzo al turbine di comunicazioni che le circonda.

    chi mi aiuta?



    Se pensate che questi discorsi siano ormai superati, ahimé quanto vi sbagliate! Proprio recentemente ne ho avuto la conferma... (nota 1)

    Io vorrei rivolgermi proprio a queste colleghe, così disorientate. Vorrei che entrassero con calma nelle nuove tecnologie. "Lusso, calma e voluttà", diceva Baudelaire. Beh, il lusso lasciamolo perdere, ma, se non proprio la voluttà, almeno un po' di piacere è possibile provarlo, se si riesce a compiere un atterraggio morbido sul pianeta dell'informatica: ci sono nuove prospettive e siti piacevolissimi da scoprire in compagnia del computer, fedele amico.

    Non dimentichiamo le parole di Voltaire:

    "Il piacere è l'oggetto, il dovere e lo scopo
    di ogni essere dotato di ragione
    "



    1. In nome della paura

    Il ritratto di prof che ho appena abbozzato è segnato dal marchio della paura. Non è una paura immaginaria, è reale, concreta: ci sono tante difficoltà e noi abbiamo paura.

    Ho detto "noi" perché stiamo tutti/e nella stessa barca: quando usiamo le nuove tecnologie a scuola, abbiamo paura.

    Paura di perdere tempo, denaro, punti di riferimento, di perdere il nostro ricco patrimonio di esperienze pedagogiche, la nostra cultura... insomma: la nostra dignità.

    Tuttavia...

    Tuttavia ci sentiamo e siamo responsabili dell'"iniziazione digitale" dei nostri alunni, che certo non vorremmo lasciare nelle mani di "specialisti" senza scrupoli, astuti ambasciatori degli interessi di mercato.

    E allora?

    Allora: "iniziare" gli alunni significa soprattutto iniziare se stessi/e... a che cosa? Tanto per cominciare, ad un uso (e qui spero che siate d'accordo con me) critico e attivo degli strumenti informatici per dominarli e non per limitarsi a usarli passivamente secondo protocolli predeterminati altrove (e da chi, poi?).

    Si tratta quindi di fare "cose nuove" (nota 2): impadronirsi dei codici, abbattere le paratíe stagne non solo all'interno dei poteri e dei saperi, ma anche all'interno dei "testi" (i "sacri" testi...); si tratta soprattutto di instaurare nuove modalità comunicative. Ma... in quale contesto?

    Jacques Tardif (nota 3) afferma che le strutture formali dell'istruzione sono ancora legate ad "ambienti" pedagogici lineari, monodisciplinari, sottoposti a scansioni temporali costanti e predeterminate, il che contrasta nettamente con i percorsi pedagogici complessi e transdisciplinari (a partire da problemi, ricerche, inchieste...) dei progetti attuali, che esigono una contestualizzazione delle nozioni acquisite.

    All'interno della grande rivoluzione che le scienze cognitive hanno introdotto nello studio delle modalità di apprendimento (nota 4) crollano le frontiere che separano le diverse discipline e vacillano anche le "certezze" sulle quali si fondano i saperi. In un quadro pedagogico europeo in movimento, trionfa la ricerca (sempre rinnovata...) della "instabilità cognitiva". E noi insegnanti?

    Noi dovremmo saper "tradurre" questa complessità senza "tradirla" (nota 5)... e per di più usando uno strumento potente e ambiguo come il computer! Non è sorprendente che sorgano inquietudini, preoccupazioni, timori.

    In questo terreno mobile, dai contorni che si modificano continuamente (e con una velocità sorprendente), l'unica modalità possibile sembra essere quella dell'esplorazione: un'esplorazione critica (direi quasi "sospettosa") della vasta gamma delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Questa esplorazione dovrebbe servire per mettere a punto percorsi concettuali agili e fecondi (tenendo conto, naturalmente, dell'"ambiente pedagogico" e delle risorse disponibili- vedi nota 6); potrebbe anche a volte rimettere in discussione un apparato metodologico che, diciamolo francamente, magari è un po' polveroso...

    2. Si può fare tutto...

    ...con il computer.

    E allora esaminiamo insieme i sei punti dell'Introduzione (le paure delle prof) per vedere se è possibile scovare, proprio grazie al computer e all'interno delle nuove tecnologie, il rimedio per i problemi che abbiamo evocato.

    1. Evoluzione incessante Per evitare di dover ogni volta ripartire da zero e rimetterci a studiare nuove istruzioni di nuovi software (il nostro caro programmino che avevamo tanto faticosamente esplorato è... defunto!), cerchiamo uno strumento relativamente stabile (tutto è relativo, naturalmente) per visualizzare sullo schermo i nostri contenuti (testi, immagini, suoni...).
    2. Massa incoerente di dati Questo strumento ci dovrebbe permettere di strutturare percorsi pedagogici all'interno degli insiemi di dati che ci interessano, creando gerarchie e contiguità per mezzo di link ipertestuali.
    3. Mancanza di tempo soccorso!Dovrebbe inoltre essere immediatamente disponibile e relativamente semplice, per non sottrarre tempo a chi deve correggere i compiti, preparare le lezioni, partecipare a interminabili riunioni...
    4. Soldi, soldi, soldi... E' inutile sottolineare che l'accesso a questo strumento deve essere completamente gratuito. Comprare un computer e alcuni programmi indispensabili (per acquisire, creare e modificare immagini, ad esempio), d'accordo, ma... chi insegna ha bisogno di tenersi aggiornato, di spendere soldi per libri, riviste, spettacoli, viaggi... E non è tutto: possiamo dire agli alunni di comprarsi un software costoso? O peggio, di copiarselo? Questo poi no. Dobbiamo cavarcela utilizzando COSE GRATUITE.
    5. Economia contro cultura? Io non ho niente contro il commercio, le imprese... Ho insegnato per molti anni la comunicazione aziendale e ho imparato ad apprezzarne l'aspetto pragmatico e le astute argomentazioni.
      Ma le logiche aziendali mirano troppo spesso alla ricerca di un profitto immediato, il che le rende molto dissimili dagli investimenti culturali a lungo e a medio termine che ci impongono l'attenzione e il rispetto per l'intelligenza (anzi, le intelligenze, vedi nota 7) e gli stili di apprendimento dei nostri alunni. Del resto, basta pensare alla distanza che separa i nostri formatori dai formatori aziendali.
      Ci serve quindi uno strumento estremamente duttile, capace di accogliere una lingua ricca e dinamica e di adattarsi alle esigenze di una politica culturale aperta alle sfide della diversità.
    6. La Rete e noi Il nostro bersaglio è Internet: per non sentirci emarginate dobbiamo "marcare" (come si "marca" un territorio) la Rete, con la nostra presenza viva, forte, feconda, con le nostre idee di apertura e collaborazione interculturale. Ecco perché ci serve uno strumento immediatamente esportabile su Internet: chiunque, in tutto il mondo, se ha un computer collegato e un browser, potrà subito leggere i nostri testi, ascoltare le nostre voci, vedere le nostre immagini...


    Qual è allora questo strumento, quale è questa risorsa relativamente stabile e semplice, duttile e gratuita, immediatamente disponibile ed esportabile, che vi permetterà di creare ipertesti senza problemi?

    3. Una risorsa poco sfruttata: il codice HTML

    Il codice HTML è nascosto dietro ogni pagina che visualizzate sullo schermo quando navigate su Internet.
    Sia ben chiaro: non si tratta di una panacea. Se il vostro armamentario pedagogico è sufficientemente ricco di diavolerie tecnologiche (l'ultimo software didattico prefabbricato, CD-ROM, videocassette, DVD...) e soprattutto se non avete voglia di applicarvi per "personalizzarlo", potete tranquillamente "star contenti al quia" e fare a meno di imparare un po' di HTML.
    E infatti i prof italiani, secondo le mie statistiche personali aggiornate ad ogni convegno, sembrano trascurare questa risorsa.
    Perché questa indifferenza?
    Avanzo un'ipotesi: nelle donne di una certa età (ebbene sì) che hanno ricevuto una formazione linguistico-letteraria (la maggioranza delle prof!) la rappresentazione sociale del computer ingenera malessere e mette in moto comportamenti ostili (nota 8). La propria competenza viene brutalmente rimessa in discussione (non sanno niente di tecnologia), il che provoca un rifiuto globale del linguaggio tecnico, e di ciò che loro chiamano la "tecnicizzazione" della pedagogia, confondendo questo abuso con lo strumento stesso (il computer) che - poveraccio - è candido e innocente, a meno che non lo si riempia di schifezze: garbage in, garbage out.
    Questo rifiuto da parte di chi insegna ha provocato grossi guai. Molti programmi didattici sono stati creati (ci sono per fortuna delle eccezioni) senza tener conto delle esigenze pedagogiche: la lingua è piatta, priva di interesse, i percorsi conoscitivi sono di una desolante banalità.
    Eppure basterebbe imparare una decina di comandi HTML per creare ipertesti "su misura" per i propri alunni! Roba "fatta in casa", insomma, però esportabile, leggera e comunicativa... Quale miglior rimedio contro una globalizzazione ottusa e ottundente?
    Ma vediamo qual è il percorso per far uscire il codice HTML dal suo nascondiglio.
    Vi serve:
    • un computer, naturalmente (in un primo momento non è necessario che sia collegato, si può lavorare "oflain", come scrive Fernanda;
    • il browser Microsoft Internet Explorer ® (scaricabile gratuitamente dalla Rete, se per caso non l'avete).
    Siete pronte? Via!
    1. Lanciate Explorer
    2. Caricate una paginetta semplice di cui volete studiare il codice
    3. Fate clic su "Visualizzazione" e poi... Attenzione!!! State per compiere una terribile trasgressione che vi permetterà di sficcanasare nel libro segreto dei maghi, di scassinare la porta del regno misterioso degli informatici, riservato ai maschi, e soprattutto di prendere la via maestra per andare su Internet. Forza, tirate giù le mutandine a 'sto codice, cliccate su "HTML" e...

    fate clic su

    ... il codice apparirà!

    Bene, per oggi fermiamoci qui. Tranquille, ne riparleremo ancora. Nel frattempo potete andare a vedere un sito sull'HTML, consigliato da Amelia, che, oltre a collaborare a MeDea, è con me nella redazione di Hyperbul e si occupa di link a siti interessanti. Quello che vi consiglia oggi, è un sito carinissimo... per bambini!

    Biblionote

    1. In occasione del convegno di Fiuggi (11-12-13 aprile 2002) organizzato dall'Ambasciata di Francia e dal Bureau de Coopération Linguistique et Artistique sul tema "Le français au pluriel - Enjeux et défis de la diversité". Torna al testo
    2. Vedi Paola Musarra, "Ordinateur, enseignement, décloisonnement", Hyperbul 1, Rubrique Réflexions e Heteroglossia n.1, 2001, pp.95-99. Torna al testo
    3. Jacques Tardif, "La contribution des technologies à l'apprentissage : mythe ou réalité conditionnelle ?", Le Français dans le monde, numéro spécial "Apprentissages des langues et technologies : usages en émergence" janvier 2002, pp.15-25. Torna al testo
    4. Paola Musarra, "Macchine, testi e sviluppo delle conoscenze. Che cosa fare a scuola con il computer", lend 2, 1998, pp.34-41. Torna al testo
    5. Paola Musarra, "Traduire la complexité", in Rosanna Angelelli-Paola Musarra, "Presupposti teorici e pratica didattica quotidiana: l'insegnante di lingue tra due culture", Actes du Colloque Do.Ri.F. (Milano, ottobre 1991) in Studi Italiani di Linguistica Teorica e Applicata (SILTA), 3, 1994, pp.637-639. Torna al testo
    6. Paola Musarra, "L'ordinateur est-il vraiment un ami ?", Hyperbul 3, Rubrique Réflexions. Torna al testo
    7. Antonella Proserpio, "Intelligenze multiple e didattica della lingua", lend 2, 2002, pp.28-41. Torna al testo
    8. Paola Musarra, "Les professeurs de lettres et de langues face à face avec le lexique et la culture de l'informatique : histoire d'une collision", Etudes de Linguistique Appliquée (ELA), janvier-mars 1995, pp.61-73. Torna al testo

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