torna a medea



      torna alla copertina

8 marzo a Tirana

di
Anna Rosa Iraldo


Sarà troppo tardi per parlare dell'otto marzo a Tirana? Penso di no, anzi, penso che proprio attraverso "l'emozione rivissuta in tranquillità" si possa a distanza di quasi due mesi, fare ciò che noi tutte ci proponiamo ogni anno: non isolare la festa della donna nella celebrazione di un giorno, ma mantenere viva l'attenzione - e anche l'emozione, perché no? per le questioni che ci riguardano.

Otto marzo a Tirana, presso la bellissima sede della Lega degli Scrittori di Rruga Kavajes. La sala è ampia, ben illuminata, non altrettanto ben riscaldata, ahimè, ma non importa, perché il numero e la calda partecipazione dei presenti ci fanno dimenticare questo lieve disagio.

La serata è stata organizzata da Roberta Alberotanza, la vice direttrice dell'istituto Italiano di Cultura e da Diana Çuli (pronuncia = Ciuli), presidente del Forum delle Donne Albanesi.

Diana
Diana

E' ospite Elena Doni, nota giornalista italiana, che presenta il libro "Novecento, il secolo delle donne", una raccolta di fotografie per le quali lei ha scritto i testi.

Come dice Elena, il libro è nato in occasione di una mostra di documenti, strumenti di lavoro, testimonianze, "una passeggiata nella storia della donna". Le fotografie che vengono presentate a Tirana sono lo spunto per riflettere sul percorso fatto dalle donne italiane nel secolo scorso e confrontarlo con quello compiuto dalle donne albanesi.

La carrellata è lunga, articolata, stimolante preceduta da alcune considerazioni sia di Elena Doni, sia di Vera Squarcialupi, giornalista e senatrice italiana in visita privata a Tirana, sui dati che riguardano la difficoltà delle donne ad affermarsi in campi "prestigiosi" come la ricerca scientifica e il giornalismo.

Le diapositive che vediamo ci presentano diverse situazioni, dalla elegante donna dannunziana con cane, alle foto delle emigranti dal sud al nord dell' Italia, all'immagine del lavatoio pubblico fino alla lavatrice, conquista degli anni '50, dalle foto delle donne fasciste alle quali si rivolgevano inutilmente le campagne di Mussolini sulla natalità, a quelle delle donne della Resistenza.

Vediamo la foto di un bordello, si accenna alla legge Merlin, al problema attuale della prostituzione delle emigrate.

Appare la foto di Mina, simbolo trasgressivo degli anni '60, che ha pagato con l'ostracismo dalla RAI la sua scelta di ragazza madre. Vediamo le donne della mafia che hanno raggiunto una triste parità con gli uomini diventando esse stesse boss. La carrellata termina con l'immagine di un bambino aggrappato alle gambe della madre e con l'accenno ai cambiamenti del diritto di famiglia negli anni '70: Elena Doni ricorda la vecchia formula riportata sulle pagelle scolastiche "firma del padre o di chi ne fa le veci".

Le donne albanesi presenti intervengono numerose, da Sevim Arbana, Sevim Arbanaa Koseta Zavalani, che lamenta il basso numero di donne presenti in Parlamento, a Mimosa Kodheli, vice sindaco di Tirana, che ricorda che il regime ha emancipato le donne fuori, ma non all'interno della famiglia e afferma appassionatamente la necessità di combattere la piaga del traffico di donne e bambini "che sono i capolavori delle donne", a Valentina Leskaj, ministro degli affari sociali, che ricorda quanto sia più difficile in una società in transizione come quella albanese affrontare e risolvere problemi simili a quelli delle donne italiane.

Valentina sottolinea il valore della lotta delle donne italiane per il voto: le donne albanesi hanno avuto il diritto di voto nel '46, senza dover lottare; adesso è ora di imparare a lottare per i loro diritti, seguendo l'esempio delle donne italiane.

Kozeta Zavalani
Kozeta

Emona, studentessa del liceo linguistico, dichiara che molte ragazze come lei vorrebbero studiare all'estero (per esempio in Italia), ma i padri e i fratelli non le lasciano andare. A lei Elena Doni augura di poter studiare in Albania e di poter condurre una battaglia quotidiana per la condivisione del lavoro domestico.

La parola viene infine concessa ad uno degli uomini presenti, Nick Tartari, allenatore della squadra nazionale femminile di pallavolo che fra gli applausi afferma che le ragazze albanesi hanno grandi potenzialità e sostiene che il problema del trafficking non è un problema dell'Albania, ma dei paesi nei quali le donne vengono sfruttate.

Ci lasciamo tra baci, abbracci e mazzi di mimose, per salire in macchina e ritrovarci in una ventina, - albanesi e italiane invitate da Diana e da Roberta - al ristorante del Centro Donne. E qui è veramente il caso di parlare di emozioni.

Ci siamo trovate donne di tutte le età e di tutte le professioni - giurista, dentista, architetto, vice sindaco, fisica, giornalista, insegnante e tante altre - a parlare di tutto, in quel modo confuso che ci è tipico, intrecciando opinioni, esperienze, scherzi, ricette di cucina, lamentele affettuose sui mariti, compagni e figli con disponibilità all'ascolto reciproco, con curiosità, regolarmente appagata, di capire qualcosa di più della vita delle altre.

Ed ecco la storia di Silvia che ha adottato due bambini albanesi, di Mimì, che è così impegnata che suo figlio adolescente le chiede un appuntamento da inserire nella sua affollatissima agenda per poterle parlare, di Erila che parla poco, ma ascolta con un sorriso e piazza le domande giuste per far parlare le altre, di Pranvera che racconta pezzi del suo lungo periodo di confino sotto il regime, fino all'esplodere dei canti accompagnati dal pianista - l'unico uomo presente oltre ai camerieri - che per tutta la sera ha fornito uno sfondo gradevole e discreto alle nostre conversazioni.

Peccato, ancora una volta, che io non abbia imparato l'albanese per unirmi a quei canti allegri, malinconici e vitali , almeno per quanto ho potuto capire dai suoni, dai visi e dagli immancabili ondeggiamenti di corpi e intrecci di braccia...

le Grazie



torna alla copertina

mise en page:
pmusarra



torna a medea