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Una poesia di Paolo

Tramonto

con
Paolo (Di Santo) e Paola (Musarra)


Paola - Senti, Paolo, finora abbiamo visto cosa sei capace di fare con i versi degli altri, ma a questo punto...

Paolo - A questo punto?

Paola - Beh, siamo curiosi di sapere che cosa sai fare con i versi tuoi!

Paolo - Insomma, vuoi sapere se ho composto delle poesie, è così?

Paola - Mhm, mhm!

Paolo - Ebbene sì, ho composto delle poesie, ma devo fare una premessa. Ricordi che ti ho detto che i versi che mi colpiscono sono come degli archetipi poetici, riflettono cioè delle emozioni universali?

Paola - Ricordo benissimo: dicevamo che certi versi (o certe parole, forse addirittura certi suoni) hanno il potere di attrarre, combinarsi, incastrarsi, fondersi con altri versi... E tu dicevi: "Sì, sono degli 'attrattori'... forse sono degli archetipi poetici universali...". Ma... dove vuoi arrivare?

Paolo - Ascolta: quando mi capita - raramente, in verità - di scrivere una "mia" poesia, quando la rileggo ho come la sensazione che quella poesia già esistesse, come se fosse già stata scritta e io l'avessi solamente ripescata da quell'inconscio collettivo composto dagli archetipi universali di cui parlava Jung, o, come dicono i fisici quantistici, dal "vuoto quantistico", contenitore, archivio di tutte le esperienze naturali che ci sono, ci sono state e ci saranno, che fluttuano e a cui chiunque può attingere... se riesce a entrare in risonanza con esse.

Paola - Archivio collettivo... ma allora tu che senti, dopo aver scritto una poesia?

Paolo - So che l'ho scritta io, ma nello stesso tempo mi sembra che sia di tutti... non riesco proprio a vantare diritti di copyright!

Paola - Allora forza, lèggici una poesia tua/non-tua, stiamo fremendo!

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TRAMONTO di Paolo Di Santo

Sono il legno cullato dalle onde,

sono il granchio guardingo sul bagnasciuga,

sono la conchiglia sulla sabbia che risuona del frangersi dell'onda,

sono il gabbiano stanco sulla spiaggia che fissa il sole di un tramonto senza fine.

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