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Per una nuova immagine 
delle donne albanesi

Un progetto
di
Anna Rosa Iraldo e Paola Musarra
Settima parte




Sommario

Facciamo il punto
di
Paola Musarra


Tutto è cominciato - ricordate? - con la "missione" di Anna Rosa. Doveva informarsi per conto di MeDea sull'uso che le donne di Tirana facevano delle Nuove Tecnologie (le maiuscole, mi raccomando!).

Zamira e lo schermo

Certo, alcune di loro ci lavorano, con il computer. Certo, navigano in Rete, compatibilmente con l'imprevedibile apparire e scomparire dell'energia elettrica. Certo, ci sono gli Internet Café.

Ma è veramente questo e solo questo che ci interessa?

Sapete, da un po' di tempo a questa parte (e credo che il Progetto Albania ne sia in parte responsabile) sono diventata sempre più insofferente nei confronti non solo di chi usa le nuove tecnologie unicamente per ri-produrre, ma anche di chi le mitizza e le impone con accelerazioni brutali senza approfondirne criticamente le finalità e senza preoccuparsi di chi "arranca", escludendo in tal modo le piccole velocità, le pause ristoratrici, i sentieri trasversali, le strategie sostitutive, le oasi di riflessione.

Certo, tutti/e vorremmo che fossero diffusi capillarmente e utilizzati coscientemente computer e cellulari a basso costo ad energia solare.

Ma nel frattempo, che cosa dobbiamo fare?

Beh, a me personalmente interessa utilizzare TUTTA la tecnologia (quella nuova, quella nuovissima, e anche quella un po' vecchiotta) per fare ciò che desidero, e cioè

  • per stabilire contatti e creare occasioni comunicative, che altrimenti sarebbero fuori della mia portata;
  • per attuare una politica culturale di décloisonnement (=abbattimento delle paratíe stagne) tra poteri e saperi, aprendo accessi e indicando percorsi alternativi;
  • per "dare voce" a quelle donne (e anche ad alcuni uomini) che pur meritando di essere ascoltate/i sono fuori dal fracasso dei media;
  • per cercare dietro ogni schermo un volto, un corpo, per scoprire se vibra all'unisono o in dissonanza con le mie argomentazioni e se ragiona in sintonia o in contrasto con le mie emozioni.

    Diana Çuli

    Questo per quanto riguarda le nuove tecnologie.

    E le donne? E il femminismo?

    E' giusto che il femminismo si interroghi, ricostruendo genealogie, sul perché non riesca ad incidere sul presente e addirittura sia circondato da un alone di negatività ( si veda a questo proposito il contributo di Ermenegilda Uccelli Gravone).

    C'è infatti un rischio: quello di mitizzare (ancora!) il femminismo considerandolo come una categoria a sé stante e quindi racchiudendolo in un'ottica ristretta.

    Chiediamoci invece in che modo e fino a che punto un processo storico generalizzato e inarrestabile di modernizzazione/globalizzazione incida sui percorsi individuali delle donne che vorrebbero lottare per la propria libertà.

    Ermenegilda cita il caso di una ragazza che voleva "rivendicare" il proprio femminismo nel curriculum vitae presentato ad un colloquio di assunzione: quante ingenuità, ma anche quanti (più o meno onorevoli) compromessi, quante piccole ricadute, quanti umanissimi dubbi...

    Cerchiamo di capire.

    Se manca questa sensibilità, questa disponibilità ad immedesimarsi (e a rimettersi in discussione), un lavoro comune tra donne e per le donne diventa impossibile, perché diventa impossibile elaborare e consigliare strategie di lotta convincenti e praticabili.

    Immaginate poi quando si tratta di accostarsi a donne che appartengono ad un'altra cultura, che hanno alle spalle eventi storici diversi dai nostri.

    Ecco quindi perché, per concludere, alla baldanzosa ipotesi iniziale: "Andiamo a vedere come le donne albanesi si liberano grazie alle Nuove Tecnologie" abbiamo pian piano sostituito, con delicatezza e cautela, una seconda più ragionevole ipotesi di ricerca: "Andiamo a vedere come alcune donne impegnate e consapevoli di Tirana hanno vissuto il loro desiderio di libertà all'interno della propria storia personale in un paese che vuole disperatamente cambiare - e diamo loro voce su MeDea."

    E ci siamo lasciate - lucidamente - "contagiare".





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foto: A.R. Iraldo
mise en page: 

pmusarra

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