
Non solo tempo e denaro
Virginia Woolf scriveva che quando le donne avrebbero avuto del tempo a loro disposizione e un'indipendenza economica, avrebbero potuto scrivere meglio e di più.
Un gran numero di donne in tutto il mondo è d'accordo con questa affermazione. Io penso che sia vero, ma è altrettanto vero anche il fatto che la donna non ha solo bisogno di tempo libero e di denaro proprio. La storia l'ha messa in una posizione sociale diversa da quella del suo compagno, ha reso profondo e complicato il suo rapporto con l'uomo.
E' una questione importante dello sviluppo storico dell' umanità, ma è anche una questione di cultura, e la cultura è un concetto multidimensionale.
Una delle sue dimensioni tratta delle relazioni tra tradizioni, abitudini, pratiche, con la continuità dei modelli stereotipati delle donne.
Femminismo e teoria marxista
Non voglio trasformare questo discorso in un dibattito sul femminismo, per di più su un tema legato al contesto albanese, in cui i concetti elaborati dal femminismo occidentale sono stati per tutto il periodo comunista sconosciuti o criticati.
Come in tanti altri paesi, ma soprattutto nei paesi ex socialisti, la parola femminismo contiene ancora una connotazione negativa. Una donna "rossa", militante convinta dei concetti marxisti non doveva essere femminista. Il femminismo, secondo le teorie di quel periodo, era basato sulla lotta tra i sessi, cioè sbagliato. La discriminazione, l'oppressione delle donne da parte degli uomini o della società in generale, si potevano contrastare tramite la teoria marxista.
Ma se parliamo di tradizione e di stereotipi, neanche la teoria marxista risolveva fino in fondo il problema sociale della disuguaglianza tra uomini e donne.
I grandi teorici del marxismo che hanno sviluppato la teoria dell' oppressione e della lotta di classe furono stranamente muti, per esempio, contro lo stupro, forse incapaci di inquadrarlo nei loro schemi economici. Ma, partendo da una generale base marxista di uguaglianza tra gli esseri umani, il partito al potere organizzava delle attività ideologiche contro i pregiudizi e contro il maschilismo fortemente radicato nella nostra società.
Le teorie elaborate a quel tempo dall'unico movimento di donne, concordate e condivise in tutti paesi dell'Est, sono, secondo il mio punto di vista, molto più vicine alle teorie e alle politiche attuali di genere e di mainstreaming che alla teoria e alla pratica femminista, certo in un quadro diverso e in circostanze diverse.
Una emancipazione solo parziale
Nello stesso tempo, mentre si lavorava con forte impegno per lo sviluppo di un contesto sociale dove la donna avrebbe avuto il suo posto nella società, nell' ambito della corrente antifemminista non si appoggiavano le tendenze di una lettura diversa, individuale dell' essere donna. C'era l'emancipazione sociale, ma non la liberazione interiore delle donne né l'analisi difficile del rapporto della donna non solo con il mondo ma anche con se stessa.
Questo modo limitato di vedere le cose, che la censura rendeva obbligatorio, non creava l'atmosfera favorevole ad una letteratura di tipo liberatorio: era un processo di emancipazione solo parziale.
Oggi, dopo la separazione mentale con il passato, le donne, da noi, di nuovo, anche le militanti dei movimenti femminili, sottolineano con una certa fermezza che non sono femministe. Le politiche di genere hanno certamente rafforzato questo comportamento, portando le donne e i governi verso una comune tendenza ormai concretizzata con l'istituzione delle pari opportunità.

Un percorso diverso
Il nostro percorso verso l'uguaglianza cittadina, le nostre letture e le nostre interpretazioni, sia filosofiche sia letterarie, delle realtà e dei concetti, a causa di altre circostanze storiche e altre culture, è diverso dal percorso delle donne occidentali.
Questo è un tema che si può allargare in tanti modi. Consideriamo, ad esempio, l'analisi freudiana della patologia della donna. Come dice la Mitchell, questa analisi si svolge nel quadro di un' analisi biologica e del patriarcato. Di conseguenza, risulta che nell' inconscio di ogni uomo si ritrovano le idee della storia dell'umanità. E il complesso di Edipo poteva essere un mito patriarcale...
Ma anche Freud era proibito nell'Albania dell' era comunista, e io credo che ciò avvenisse non tanto per le sue problematiche teorie sull' inconscio, quanto per l'analisi del sesso e del corpo: era proprio questo l'elemento che avrebbe turbato la tranquillità dei poteri sociali e maschilisti della nostra società.
Le difficoltà della letteratura
La letteratura femminile albanese è stata scarsamente influenzata da questa corrente forte della psicanalisi che ha attraversato ampiamente l'occidente. La letteratura scritta dalle donne ha risentito dello stereotipo socialista e tradizionalista, il modello etnografico destinato a descrivere le guerriere coraggiose e le donne modello di famiglia. Erano rari i casi di una lettura liberatoria e di avanguardia. I primi esempi cominciarono negli anni sessanta con due o tre autrici, ma il silenzio e la freddezza della critica, i brividi della censura non crearono spazio per un maggior numero di donne nel campo.
Qui entriamo anche nel complesso discorso dell' identità. Si può parlare di un' identità di donne, oltre a quella etnica, nazionale? Si può parlare di una identità universale se si tratta delle donne? L' identità si crea dentro la collettività, e spesso questo comporta anche dolore per quelli o quelle che vorrebbero cambiare le sorti e rompere i comportamenti rituali.
Comincia qui la contraddizione tra l'identità individuale e il destino collettivo. La difficoltà del tempo ex comunista si traduceva per le donne scrittrici proprio nel trovare le vie d'uscita da questa trappola in cui vigilava sia il potere della censura ideologica, sia quello sociale.
Si trattava di rompere vincoli ideologici, tradizionali, sociali e morali. Entrare nella quotidianità, sopravvivere alle regole del metodo del realismo socialista, descrivere come se non si stesse guardando, pagare il prezzo della censura con qualche personaggio forzato e pagare il prezzo del controllo sociale tramite qualche epilogo "giusto", cercando di non ferire il potere della morale della famiglia, del marito, padre e fratello - soggetti imbarazzanti -attraverso la ricerca di una soluzione morale.
La caduta del muro di Berlino nel 1989 ha simboleggiato l'inizio di una nuova era per tutti i popoli che si trovavano oltre quel muro. L'entusiasmo del cambiamento, l'aria desiderata fortemente della libertà e l'energia per ricostruire sono stati subito accompagnati dalla crescita di tensioni diverse, ma anche di un regresso culturale.
Si sta passando con fatica da un sistema chiuso ad un sistema aperto, in un percorso di ristrutturazione mentale.
Il peso della tradizione
Se uno scrittore uomo deve pensare al potere, subito pensa al potere sociale, politico che esercita pressione su di lui. Una donna autrice pensa in maniera multidimensionale. La tradizione è un potere per lei. Pensiamo per esempio allo stereotipo, allo scheletro strutturale della critica tradizionale sulla letteratura scritta dalle donne. Questa critica è veramente una testimonianza molto visibile del tradizionalismo sul campo.
Si dice in generale: "lei scrive in una maniera semplice, di vita quotidiana, racconta in prima persona, raccontando la storia di sua nonna, di sua madre, di se stessa, tra le righe..."
Si approvano e si applaudono, da noi, come in tanti altri paesi, i libri di donne che raccontano le storie delle abitudini, dettagli etnografici, dove nonne e madri si presentano forse sotto lettura femminista, ma è sempre un modo comodo di vedere la donna.
Si preferisce il personaggio donna che soffre, oppressa, vittima, alla donna vincente, che rompe i vincoli morali tradizionali.Tutto questo segue il sentiero conosciuto dell' ordine sociale naturale, tradizionale, in cui la felicità dell' individuo non è prioritaria rispetto a quella della famiglia e della coppia, concretizzando così l'altro potere, quello sociale sulle donne.
Le donne come personaggi dei romanzi e dei racconti degli scrittori, specialmente durante il periodo del nostro rinascimento, quando la letteratura ha avuto un ruolo decisivo come patria spirituale degli albanesi, erano in generale descritte da un punto di vista romantico e tradizionalista: belle, mogli fedeli, sorelle che aiutavano I fratelli, coraggiosi in guerra contro l'invasore.
Il socialismo non cambiò l'essenza. L'immagine della donna indipendente, senza figli, della donna dissociata, così come l'ha descritta Simone de Beauvoir nel suo "Le second sexe", non esiste quasi nella letteratura albanese. Il doppio lavoro femminile, obbligatorio per qualsiasi donna durante il regime, rafforzava una duplice difficoltà per la scrittrice, che poco si risolveva occupandosi dei problemi sociali.
Le tradizioni sessuali oppressive hanno influito sulla struttura morale e sul carattere delle donne albanesi. La storia umana è segnata dalla volontà delle società di non dare valore ad un rapporto umano, creando un peso morale sulle donne, a causa del loro legame con la maternità e con i lavori di casa.
In generale, l'oppressione crea una psicologia nell'oppresso. Il problema morale dello schiavo (così piaceva a Nietzsche descrivere la situazione) comporta il rischio dell' accettazione di qualità delle quali potrebbe fare a meno...
Io credo che, vivendo in una società dove le gerarchie dei poteri sociali sono ben definite, gli spazi per una letteratura femminile siano ben limitati. Durante il regime nella coscienza delle stesse autrici regnava la censura. Censura politica, e ideologica, censura sociale - tradizione morale, ecc. Una piccola e isolata società. Cosi, spesso loro sono cadute nelle trappole di una femminilità simile a un martirio, accompagnato da una tendenza alla seduzione.
Ritornando ai modelli stereotipati, potrei dire che anche il metodo del realismo socialista, il quale tendeva verso la descrizione della donna come uguale compagna dell' uomo, ha esagerato a tal punto le qualità positive della donna e quelle negative dell' uomo, che perfino noi donne non ne potevamo più di vedere dei film o del teatro dove la donna dava solo lezioni di positivismo. Quel modello ritornò come un boomerang sulla donna...
Il postcomunismo inventò altri poteri. Trovo giusta l'affermazione di Helen Fischer, studiosa del femminismo e del genere, la quale sostiene che il postcomunismo ha creato nuove forme di discriminazione e di soggettività femminile.
E' clamoroso il caso della scrittrice tedesca Christa Wolf, accusata di essere una collaboratrice del regime (e gli uomini che avrebbero potuto essere accusati dello stesso crimine?).
Quando una scrittrice è perseguitata, la comunità delle donne letterate è poco organizzata. Al massimo può esserci una petizione, e solo nei casi più estremi, come per esempio nei paesi dove la donna è sottoposta alla poligamia, è condannata a morte, ecc.
Al giorno d'oggi una gran parte della letteratura femminile è ancora sotto lo shock del cambiamento e dell'esplosione della società dei consumi e dell'economia di mercato.
E i contenuti, non più legati all'ideologia?
La responsabilità verso il lettore in un momento di libertà diventa più grande e molto più seria che nel tempo della censura. L' onestà verso te stessa è un altro vincolo, che non ti permette di avere timori del controllo sociale o dei poteri, siano essi tanti o solo uno.
L'attacco alla cultura da parte dei media attraverso il flusso di prodotti mediocri, la mancanza di una vera critica letteraria e di un contesto fertile di dibattito sia nel contesto nazionale sia internazionale non solo hanno diminuito il numero delle donne scrittrici, ma hanno anche indebolito la loro resistenza verso i poteri.
Sembra quasi che ci fosse più energia per combattere durante la dittatura piuttosto che oggi. Oggi, che anche "quei" poteri sono indeboliti...